di Mario Galli
Roma – “E’ già passato” dice qualcuno, “ma no, deve ancora arrivare” risponde qualcun altro. Il Papa si fa attendere in questo pomeriggio assolato di fine febbraio in quale di Ponte di Nona. Via Don Primo Mazzolari è presidiata da vigili urbani, una categoria rara da queste parti, se non per qualche evento speciale, come è appunto la visita del Papa.
C’è il bengalese che regala le bandierine del Papa, dietro offerta; ci sono gli striscioni di benvenuto del centro commerciale Unico; ci sono i drappi gialli e bianchi e gli striscioni di benvenuto che penzolano dalle finestre delle case popolari. C’è il giardino di via Albert Schweitzer rasato (neanche poi tanto bene) per l’occasione. Tra le ringhiere che delimitano i giardini ancora sono avvinghiati i rami di quelli che, alcune settimane prima, erano i cespugli che ricoprivano tutto. L’ultima spazzatrice meccanizzata pulisce un angolo di strada da dove dovrebbe svoltare la Focus di Sua Santità . Non si sa se è più grande l’emozione nel vederla all’opera da queste parti, o se è più grande l’attesa dell’arrivo di un personaggio pubblico tanto illustre.
La folla si accalca sempre più dietro le transenne poste per l’occasione, qualche anziana signora chiede di poter passare avanti un po’ per devozione, un po’ perché vuole vedere da vicino il Papa. Altri attendono, chi seduto al bar, chi affacciato al balcone, l’attesa non è neanche tanto snervante, un altoparlante spiega a chi è rimasto fuori dalla chiesa che i canti della celebrazione saranno orecchiabili e facili e, rassicura, il Papa verrà a salutarvi e a benedirvi dopo aver celebrato la messa.
Ci sono i bambini che chiamano a gran voce “Papa Francesco”, poi ecco un vociare strano, alcune persone con i cellulari che corrono, i poliziotti in borghese, i Carabinieri e la sicurezza vaticana che si agitano. Il card. Vallini, vicario di Roma e S.E. Mons. Marciante vicario del settore Est, attendono l’arrivo confabulando con il parroco di Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù ed il Parroco di Sant’Eligio.
Il Papa è arrivato. Scende dalla macchina tra gli applausi dei presenti, saluta e poi entra. Non saprei dire se l’arrivo del Sindaco avrebbe fatto più scalpore, sicuramente avrebbe suscitato meno gioia. Un quartiere tirato a lustro solo per l’occasione non può essere grato a chi ancora continua a tenerlo nell’abbandono, malgrado tanta apparente buona volontà . Ma la visita del Papa fa dimenticare, sebbene per un pomeriggio, ogni disagio patito. Fa dimenticare il lavoro che non c’è, la prostituzione lungo le strade, la droga, lo spaccio, la morte stessa sembra aver paura al cospetto di quest’uomo vestito di bianco.
Perché nascere e vivere in questi quartieri non è facile: gli abitanti di Ponte di Nona non hanno un nome e sapete perché? Perché si chiamano semplicemente eroi. Ma l’omelia del Papa è qualcosa che calza a pennello. “Siate perfetti” e “non resistete al male” è una catechesi immensa sull’amore che la chiesa e Dio hanno per tutti, soprattutto per i più lontani e perciò più deboli.
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Quello di Papa Francesco è un messaggio lanciato al mondo dall’estrema periferia romana
“L‘odio presente nel mondo e nelle guerre, che uccide migliaia di bambini e di persone, è lo stesso che possiamo nutrire per il nostro vicino di casa, per un nostro collega, per un nostro parente, financo per nostra moglie“.
Un messaggio di pace e di amore di pregare per chi ci fa del male e di benedire chi ci maledice. Di non rispondere con il male al male. Di essere da buon esempio per coloro che compiono il male e non competere con loro. Il Papa lascia Ponte di Nona con la speranza che l’amore tra gli uomini possa vincere il disagio e quindi la morte. Speriamo quindi che non vi sia bisogno di un altro Papa per vedere qualche vigile nel quartiere, o per vedere il quartiere tirato a lustro.