di Cinzia Marchegiani
La scienza è capace di dare risposte univoche? Lo scrittore Giovanni Stelli in un articolo dedicato aveva affrontato questo spinoso tema spiegando che proprio questa assunzione è smentita dalla più elementare esperienza: “Non c’è problema (come ad esempio il riscaldamento globale) su cui gli scienziati non siano divisi, su cui gli scienziati non diano risposte diverse e a volte, addirittura opposte. Ma laddove la comunità scientifica abbia tesi condivise, le loro risposte non riguardano e non possono mai riguardare in linea di principio ciò che si deve fare, ma solo fornirci gli strumenti“.
Molto spesso invece abbiamo sentito parlare di scienza politicizzata o la scienza BigPharma dipendente. Purtroppo non è più un segreto che la ricerca e spesso certe posizioni siano dettate da interessi economici e/o condizionate dai conflitti d’interesse. Sicuramente questa faccia della medaglia non piace affatto ma rappresenta una realtà che pone seri interrogativi doverosi, poiché è lapalissiano che da molte decisioni dipende il mondo e le nostre vite.
Non è più una leggenda metropolitana che l’industria farmaceutica e le altre aziende che producono materiali e strumenti per il sistema sanitario, interagiscono potentemente con tale sistema. Non è certamente un mistero che un numero considerevole di ricerche mediche applicate viene effettuato su iniziativa o addirittura su commissione di industrie che sono fortemente interessate all’affermazione di nuovi farmaci o di nuovi prodotti tecnologici. Si viene così a creare un rapporto del tipo “ricercatore/committente” fra il medico che esegue una ricerca e l’industria che concepisce, programma, organizza, finanzia e, alla fine, cura la pubblicazione della ricerca stessa.
Frase forte? Certamente, ma è una considerazione estrapolata dal testo “CONFLITTI D’INTERESSI NELLA RICERCA BIOMEDICA E NELLA PRATICA CLINICA Approvato nella Seduta Plenaria dell’8 Giugno 2006 dal Consiglio dei Ministri“. Un documento che affronta cosa cela il mondo della scienza e seppur dipinge in maniera poco idilliaca il mito dello scienziato, del medico e del ricercatore, racconta anche della fragilità umana dei professionisti della scienza che subiscono gli effetti delle sirene ammaliatrici, che però condizionano di riflesso i legislatori, e la vita pubblica delle persone e dell’ambiente in cui viviamo.
Proprio negli ultimi giorni abbiamo assistito alla querelle innescata dalla notizia riguardo l’approvazione in Commissione Affari Costituzionali del Senato dell’emendamento De Biasi/Cattaneo e altri (approvato a maggioranza Pd-Ncd-Forza Italia-Gal-Autonomie, contrari Sel-Misto-M5s) che prevede tre anni di proroga (inizialmente era di cinque anni) per la sperimentazione animale che la stessa LegaAntivivisezione ha commentato particolarmente inutile per i malati e crudeli per gli animali.
Sperimentazione animale, perché fa male a tutti. L’autorevole posizione del Professor Cazzolla Gatti
Ma la scienza davvero ha questa dicotomia? Chi decide quale scienziato ha ragione? Spesso si confonde scienza per scientismo, ma è un tabù spesso parlarne, aprirebbe troppi vasi di Pandora?
Sul “Villaggio Globale – www.vglobale.it mi ha colpito molto un articolo a firma di Roberto Cazzolla Gatti, Professore associato presso la Facoltà di Biologia della Tomsk State University (TSU) in Russia e Ricercatore presso il Laboratorio di Diversità Biologica ed Ecologia del Bio-Clim_Land Centre della stessa università. L’articolo, lasciato in forma integrale è uno strumento affinché la versione “scientifica” di chi dissente assolutamente dalla scelta di perorare tuttora la sperimentazione animale giudicata necessaria all’uomo e al suo benessere, possa colmare l’altra faccia di una stessa medaglia.
Il professor Cazzolla Gatti in “Il Paese che odia la scienza”
L’annoso dibattito riguardante la sperimentazione animale ha raggiunto, ormai, lo status di battaglia ideologica. In questa lotta senza pari tra favorevoli e contrari coloro che davvero ne escono perdenti sono proprio gli animali e i malati. I primi perché, come ovvio, subiscono una sperimentazione non consenziente, finanche l’uccisione (o “sacrificio” come preferiscono definirlo gli sperimentatori per renderlo più “umano”), pur essendo ben consci del dolore, della sofferenza e della violenza che questa provoca sui loro corpi. I secondi perché, già vittime delle loro patologie, non ricevono cure sperimentate e calibrate a misura d’uomo, un animale fisiologicamente simile, ma certamente non uguale agli altri mammiferi, cavie dei laboratori. Malattie quali tumori e le più diffuse patologie genetiche, nonostante decenni di ricerca sui modelli animali, possono essere ancora trattate esclusivamente con palliativi chimici e chirurgici come unica cura. Questo dimostra che la sperimentazione animale fa male a tutti.
Fa molto bene, invece, a mantenere uno status quo che impedisce l’innovazione nella ricerca bio-medica e lo sviluppo di protocolli alternativi, ma garantisce il copia-incolla di vecchi progetti di ricerca al fine di ricevere nuovi lauti finanziamenti che pagano gli stipendi ai ricercatori. Serve anche a permettere che allevamenti di cavie da laboratorio e produttori di mangimi possano beneficiare dei soldi delle università pubbliche (provenienti, senza possibilità di scelta, dalle tasse pagate da entrambe le fazioni di pro e contro) che, senza il supplizio degli innocenti, sembrano incapaci di fare ricerca.
A quanto pare, vista la recente (del 15 febbraio 2017) proroga di 3 anni della moratoria italiana riguardante il divieto di sperimentazione sugli animali per il trapianto di organi tra specie diverse (xenotrapianti) e le sostanze d’abuso come alcool e tabacco, l’assenza di alternative implica un discorso a parte. Garantire per ulteriori 3 anni la possibilità di ricercare sulla pelle di altri esseri viventi perché molti umani del XXI secolo, frustrati da una condizione esistenziale innaturale, oberati di lavoro, rinchiusi in 4 mura di cemento per quasi tutto il giorno, zeppi dei più pericolosi inquinanti da essi stessi prodotti e incapaci di apprezzare la bellezza del mondo al punto da ricorrere a dipendenze come il fumo e gli alcolici, sino a necessitare di trapianti di fegato, cuore e altri organi cresciuti nei corpi di altri animali, sembra moralmente e assurdamente accettabile ai ben pensanti.
Tra questi ultimi, non perde mai occasione di dire la sua, la Senatrice a vita nonché docente presso l’Università Statale di Milano, Elena Cattaneo. Le sue donchisciottesche difese a spada tratta della sperimentazione animale sono ben note ai più. Ciò che però, mi sconvolge ogni volta leggendo i suoi interventi, è la sua pacata e serena presunzione nell’affermare che lei e tutti i sostenitori degli esperimenti sugli animali siano i portatori sani del gene della scienza, mentre tutti gli altri no. In un articoletto ripieno di demagogiche affermazioni su quello che gli italiani comprendono o meno della ricerca afferma, offendendo un popolo intero pur essendone senatrice con vitalizio, che l’Italia sia: “Il Paese che odia la scienza”. E questo perché vi sono persone e persino scienziati – sottoscrivo in primis – che pensano che sacrificare la vita di migliaia di altri animali per studiare, con poco successo considerati gli evidenti risultati, perché l’uomo ama flagellarsi fumando agenti cancerogeni conclamati e ingurgitando fiumi di altrettanto notoriamente dannoso alcool, sia scientificamente ed eticamente inaccettabile. Questo perché vi sono persone di scienza e non che ritengono che allevare un maiale per fargli sviluppare un fegato che gli sarà espiantato dopo averlo ucciso per donarlo a un uomo che per tutta la vita ha abusato del suo corpo devastando i suoi organi, sia ancor più moralmente inammissibile.
Scienziati come la Cattaneo pensano che l’Italia odi la scienza perché in molti si oppongono a questa barbarie, così come non sono felici di sapere che in giro per i campi agricoli vi siano colture OGM sperimentali che spargono qua e la semi dall’ignoto effetto sulla salute umana, tanto quanto non accettano l’idea che si generino sperimentalmente embrioni umani (anche le blastocisti sono embrioni in quanto post-zigotici) soprannumerali per “sacrificarli” e prelevarne cellule staminali da trapiantare nel tentativo di salvare altre vite.
Conclude il Professor Cazzolla Gatti sollevando molti “però” che devono portare ad un serio confronto, affinché non ci sia una deriva dello scientismo: “Ci sono molti, però, che, pur amando moltissimo la scienza, non credono che sia giusto salvare una vita, anche se umana, col sacrificio di altre vite, anche se animali. Soprattutto se le alternative ci sono (come nel settore bio-medico, sebbene vengano osteggiate per interessi economici) o la sperimentazione sugli animali non è comunque giustificabile perché interessata a ricercare cure a vizi (fumo, alcool, disordini alimentari, etc.) e vezzi (profumi, cosmetici, etc.) umani, troppo umani. Questi italiani, scienziati o meno che siano, non credono che il proprio paese odi la scienza, ma si augurano fortemente che ricominci ad amare la vita“.
La Senatrice Cattaneo sta difendendo la sua battaglia? Dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare, lei lo ha subito annunciato quando l’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano la nominò senatrice a Vita, portare all’interno del Senato le sue battaglie, per gli OGM, la sperimentazione animale. Il problema semmai è capire quanto il suo parere possa influenzare le decisione dei politici e dei suoi colleghi!?
Stelli concludeva così la sua arguta argomentazione sulla scienza e gli scientisti (coloro che si arrogano il diritto di avere la verità assoluta): “L’idea che si debba ‘lasciar fare’ alla scienza è essa stessa un’idea filosofica, caratteristica di quella filosofia ingenua detta scientismo, che spaccia per certezze ‘scientifiche’convinzioni filosofiche implicite e inconsapevoli“.
“Quando vengono trattati problemi legati alla vita umana, dobbiamo stare molto attenti a non sovrastimare la scienza e i metodi scientifici; non dobbiamo dare per scontato che gli esperti siano gli unici ad avere il diritto di trattare questioni che riguardano l’organizzazione della società”
…..citazione attribuita ad Albert Einstein che irrompe a distanza di tanti anni dalla sua esistenza e squarcia queste verità scientistiche che qualcuno ancora ha la determinazione di arrogarsi.