di Luca Marco Comellini
“Troppo spesso, soprattutto in tema di immigrazione clandestina, abbiamo la sensazione di lottare contro i mulini a vento. Catturiamo malviventi ai quali non facciamo in tempo a mettere le manette che dobbiamo rimandarli in strada o a cui, nientemeno che, rappresentanti istituzionali evitano l’espulsione. Ma come è possibile fare sicurezza in questo modo?”
Se lo domanda Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp Sindacato Indipendente di Polizia commentando la rocambolesca fuga che qualche giorno fa ha visto tre malviventi albanesi, provenienti dal vicino Pordenonese, finire con un’auto rubata nel fiume Livenza e poi, grazie a un’operazione che ha richiesto un grande dispiegamento di uomini e mezzi, dopo il loro recupero e arresto la loro liberazione per decisione del Tribunale di Pordenone, con una semplice denuncia per ricettazione.
“Come è nostro preciso mandato fare – diciamo ciò che i colleghi pensano ma non osano dire ad alta voce, né possono. Il politicamente corretto non ci appartiene di norma, e meno che mai di fronte a circostanze francamente inaccettabili come quelle che quotidianamente, ormai, leggiamo sui giornali o sperimentiamo nel nostro lavoro” – chiosa il sindacalista facendo presente che ormai tra il personale delle forze di polizia il malumore e tangibile e Maccari non è uno di quelli che le cose le mandano a dire.
“O tutti quelli che sono deputati a garantire e difendere i diritti dei cittadini lavorano per andare nella medesima direzione, avendo il bene comune della gente come primo obiettivo, oppure il nostro lavoro finisce per essere continuamente vanificato, e le problematiche legate all’immigrazione clandestina finiranno per travolgerci definitivamente” è la dura reazione dello stesso Maccari sicuramente dettata dalla disperazione e dall’impotenza di fronte a fatti che quotidianamente riempiono le pagine di cronaca dei notiziari, come quello che nei giorni scorsi ha riguardato un giostraio di etnia rom, già ben noto alle Forze dell’Ordine, che è stato nuovamente arrestato, questa volta sulla A4, l’autostrada che collega Milano a Venezia, dopo un inseguimento con tanto di sparatoria.
Si tratta di un uomo che l’ex ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, si è battuta per tirar fuori da un Cie nel 2014. Il giudice di pace di Modena all’epoca le diede ragione avvalendosi del fatto che, non essendo mai stato naturalizzato in Bosnia Erzegovina, non aveva alcun documento. Già allora, però, le pendenze giudiziarie in capo all’uomo avevano spinto la Questura a chiedere l’espulsione dall’Italia.
“Gli strumenti normativi e amministrativi, e la fallimentare gestione più in generale dell’epocale fenomeno immigratorio di massa – conclude Maccari – ci vedono costretti ad una lotta impari contro soggetti che, grazie alla facilità con cui in Italia si può penire dei veri e propri fantasmi che si aggirano indisturbati, sono sempre più difficili da contrastare. Una cosa rispetto a cui è indispensabile un forte giro di vite nei controlli e negli ingressi nel Paese, assieme a una maggiore severità nella risposta dello Stato di fronte alla commissione di reati. Questo perché, ovviamente, la confusione generale non fa che aumentare i pericoli per la sicurezza e per i cittadini, che poi pagano le spese di un sistema che non può assomigliare a una rete smagliata basta un nome per tutti, quello del giovane David Raggi, ammazzato da un immigrato che avrebbe dovuto essere espulso ma si trovava ancora in Italia quando lo ha sgozzato con una bottiglia rotta in mezzo a una strada”.
Sempre più spesso le Forze di Polizia si ritrovano a dover fare i conti anche con carenze di personale, l’inadeguatezza dei mezzi e delle dotazioni e una evidente mancanza di coordinamento che contribuisce a rendere inutili gli attuali strumenti normativi dice Gianni Tonelli, Segretario Generale del Sap (Sindacato Autonomo di Polizia) che interviene sulla questione più in generale per ricordare che a suo avviso “il governo sta continuando a lavorare solo sulla sicurezza percepita e impegna importanti risorse nell’operazione delle Forze armate ‘Strade sicure’ per dare ai cittadini una risposta che né risolve né, tantomeno, aiuta la sicurezza reale. I militari non hanno nessun potere né di polizia giudiziaria né di pubblica sicurezza, non hanno nessun potere di intervento operativo e quindi lavorano unicamente sulla sicurezza percepita che può pure andare bene , ma dopo che è stata garantita quella reale“.
La legge di bilancio proroga fino al 31 dicembre 2017 l’utilizzo di un contingente di 7.050 militari delle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia con una spesa di 123 milioni di euro.
Foto UmbriaON/Umbria24