di Daniel Prosperi
Tivoli (RM) – Quando si sente parlare di Sergio Pirozzi, tutti indistintamente in Italia pensiamo a quel tragico e ancora da rimarginare, per quanto possibile, 24 agosto.
Quindici mesi sono trascorsi da quell’infausta notte in cui tutto è finito e tutto è riniziato. Le inchieste giudiziarie che piacciono ai cittadini diventato il leit motiv di una generazione mediatica fatta di poche certezze, l’abitudine dei numeri primi, mentre tutto continuava a tremare, mentre tutto continuava a finire sul filo dello scambio degli amorosi sensi, di persone reali e non televisive che non c’erano più per il peso dell’inconsapevolezza.
Lui era lì, dove è rimasto, resistente più dei muri impastati con la calce e pietrisco a metà ‘700. Anche lui ha visto amici che non ci sono più. E con lui, una comunità intera che nemmeno il terremoto è riuscito a disintegrare. Perché, nella saggezza popolare “le case le rifai, le persone no”.
In parte però, si possono fare le persone del domani introducendole nell’impervia sovrastruttura della consapevolezza. Anche se fa male, anche se fa dolore. Questo va detto a chi si crede debole. È difficile accettare la realtà quando ti piomba addosso, proprio come una trave tra capo e collo, ma da essa hai la fortuna di essere vivo e allo stesso tempo la sfortuna di vedere altri che non lo sono più.
PIROZZI A TIVOLI ACCOLTO DA UN’INTENSA FOLLA ALL’AULA MAGNA DEL CONVITTO NAZIONALE AMEDEO DI SAVOIA DUCA D’AOSTA
Il 20 novembre scorso, invitato dal Consigliere Comunale Riccardo Luciani, di una lista delle liste civiche che governano attualmente la città di Tivoli e che ha creato “Tivoli Onlus” lo scorso gennaio della quale è il Presidente, Pirozzi è stato accolto da un’intensa folla di persone nell’Aula Magna del Convitto Nazionale Amedeo di Savoia Duca d’Aosta grazie alla concessione del rettore Prof. Antonio Manna, molto attento alla partecipazione attiva di autorità ed incontri con gli studenti e cittadinanza sui temi della legalità, dell’ambiente (recente l’accordo per l’istituzione di orti scolastici), per la presentazione del libro “La scossa dello scarpone“, metafora della vita reale di un Paese spaccato tra chi si sporca il corpo di fango, come i volontari di Protezione Civile ricordati, e chi invece vive scollegato dalla gente all’interno dei bei palazzi della Capitale, dei quali ha fatto comprendere con alcuni aneddoti la mancanza di dialogo sia tra le istituzioni che verso la popolazione.
Presente con lui il giornalista Giuseppe Malara che ha svolto il ruolo di moderatore. Al netto della presentazione del libro, i cui proventi sono destinati INTERAMENTE a tre onlus indicate dall’Associazione “Gli Amici dello Scarpone”, ci sono stati momenti particolarmente intensi tra i quali la consegna della targa legata al contributo raccolto per l’evento “In Campo per Amatrice”, ideato da un altro consigliere comunale tiburtino con delega alle attività sportive, Alessandro Baldacci, realizzato il 27 maggio scorso nel quale sono stati raccolti 6.500 euro e, su suggerimento chiesto al Sindaco del Comune colpito, tale somma andrà a sostenere i ragazzi di un Comune limitrofo nelle Marche, che non hanno possibilità di raggiungere l’impianto sportivo perché sprovvisto di un pulmino.
Dopo la consegna e la disamina dell’uomo-amministratore e sul guadagno netto percepito da qualunque rappresentante nei territori, per sottolinearne la passione di chi fa politica perché ci crede, ci si è soffermati sulle parole “amore” e “solidarietà“, ricorrenti nel libro come una sorta di filastrocca struggente che ha fatto da filo conduttore, per arrivare all’uomo di oggi, quello del “durante” e del “poi”, raccontando episodi personali.
Dal giornalista Malara invece, è stato evidenziato il comportamento imparziale del Pirozzi Sindaco sulla riduzione a Casa della Salute dell’Ospedale Grifoni di Amatrice, già in era Polverini, poi con Zingaretti, entrambi sconfitti su questa incauta scelta che ha già interessato molti altri centri ospedalieri del Lazio. Poi il sisma e l’ospedale crollato. La forza della natura ha ricordato a tutti chi siamo, c’ha spinti tutti a guardare dentro, anche a noi che stiamo a 90 km e lo abbiamo soltanto sentito.
Limiti umani invalicabili che solo le comunità che hanno spirito di appartenenza come quelle amatriciana, accumolese e arquatana che sono state l’epicentro mediatico per qualche mese, poi il nulla da parte delle televisioni, eccetto per le passerelle politiche da propaganda. Ma loro hanno continuato a vivere, nonostante tutto, sforzandosi e cercando di ripartire da quella solidarietà tutta italiana che ci invidiano in tutto il mondo, capace di dare tanto in tempo di guerra, perché come ricordato dallo Scarpone, il terremoto è una guerra.
E i vincitori chi sono? Beh, sono coloro che continuano a voler vivere.
In conclusione, ha ricordato quanto di più bello ha questo Paese, rimarcando non solo le bellezze date per scontate, ma anche quelle manifestate durante gli eventi tragici. E alla domanda punzecchiante del giornalista sulla candidatura, nonostante fosse detto fin dall’inizio che tale presentazione del libro non fosse legata ad alcuna riflessione politica lasciando a bocca asciutta eventuali detrattori, Pirozzi ha saputo declinare ogni eventuale critica ad una sua scelta che è scollegata dalle buone intenzioni di padre di famiglia che ha dimostrato.
Cosa colpisce di Pirozzi quando lo si incontra di persona, lo può sapere solo chi non vive di preconcetti sterili e lo ha incontrato. Non sarà l’homo novus ciceroniano né la sintesi perfetta del politicante di mestiere a cui c’hanno abituato negli anni, ma è sicuramente un uomo nuovo che non ha nascosto le sue intime perplessità nel vivere insieme alla sua gente questa tragedia, né è umano arrivare a criticare la sua personalità verace, come i detrattori abituati a screditare ogni cosa buona, anche la più piccola, perché incapaci a fare anche quella.
Come concludo sempre i miei pezzi, anche questa volta W L’ITALIA che ancora ha un passato bellissimo, un presente negativo ma un futuro ancora da scoprire e da disegnare, magari vissuto con la scossa dello scarpone, azzardando il parallelismo alla scossa dello stivale. Dove l’ipocentro sia l’animo umano e l’epicentro, la proiezione in superficie delle speranze e dei sogni, il nostro sorriso.
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