di Cinzia Marchegiani
Roma – Manifestazione nazionale e unitaria oggi a Roma a Palazzo Vidoni per protestare davanti al Ministero della Funzione Pubblica il Corpo forestale per chiedere a gran voce al Governo di fermarsi e riflettere.
Così in un comunicato firmato i sindacati SAPAF, UGL, SNF, CGL, CISL, DIRFOR spiegavano la mobilitazione odierna: “Ecco perché l’unica (e forse l’ultima) occasione che abbiamo davanti è quella di portare la nostra protesta in piazza per chiedere ad alta voce quella sospensione che appare come cosa logica a tutti, comprese le Regioni che, con l’avvicinarsi del transito dei Forestali nell’Arma dei Carabinieri, si rendono sempre più conto dei rischi e delle disfunzioni che ciò creerà!”
Alla giornata di protesta sono stati invitati tutte le organizzazioni sindacali del Comparto sicurezza e protezione civile, tutti i gruppi Parlamentari e tutti i cittadini che come il Corpo forestale sono preoccupati per il danno irreparabile che tale assorbimento comporterà, se non si sospendono le procedure immediatamente: “La nostra strada è comunque segnata: i ricorsi stanno per essere presentati e tutti coloro i quali non accettano la forzata militarizzazione o l’uscita dal Comparto Sicurezza per poter mantenere il proprio lavoro, avranno ragion da vendere nelle aule dei Tribunali”.
IL FATTO. Lo scorso 25 ottobre l’Arma dei Carabinieri ha festeggiato la costituzione del nuovo Comando Unità per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare. Il nuovo Comando è nato per dare un senso e una struttura all’Arma a seguito dell’accorpamento del Corpo forestale dello Stato che dal 1 gennaio 2017 non esisterà più per effetto di una norma inserita nella legge di riforma delle pubbliche amministrazioni fortemente voluta dalla Ministra Marianna Madia e approvata definitivamente dal Senato il 4 agosto 2015.
Marco Moroni, segretario generale del Sindacato Autonomo Sindacato Autonomo Polizia Ambientale Forestale (SAPAF) era stato incisivo in merito nell’intervista a cura Luca Marco Comellini : “La speciale Commissione del Consiglio di Stato, lo scorso 14 ottobre, ha bocciato in larga misura quasi tutte le soluzioni che il Ministro Maurizio Martina ha proposto per dare attuazione al definitivo smembramento del Corpo forestale dello Stato, il cui personale dovrà essere ripartito fra l’Arma dei carabinieri, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il Corpo della guardia di finanza, la Polizia di Stato, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e, eventualmente, altre amministrazioni”. Moroni ha chiaramente posto al centro della questione il vincolo legislativo della necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale ribadendo che il mancato rispetto dei numeri dei transiti nell’Arma dei Carabinieri significherebbe vanificare i principi della legge Madia.
La richiesta dei sindacati Sapaf, Ugl-Cfs, SNF, Fns-Cisl, Fp Cgil-Cfs e Dirfor manifestano a Roma in piazza Vidoni, vicino alla sede del ministero della Pubblica amministrazione: “Sospendere per almeno sei mesi il decreto attuativo della riforma della Pubblica Amministrazione che dal primo gennaio cancellerà’ e accorperà’ il Corpo Forestale con l’Arma dei carabinieri, per avviare nel frattempo un confronto con il governo”.
Dall’Ansa arriva il commento del segretario della Fp Cgil, Salvatore Chiaramonte: “Dal primo gennaio non esisterà più il corpo forestale e ai lavoratori non e’ stata data nessuna possibilità di scelta se non il passaggio obbligato ai Carabinieri”, per circa 7.500 uomini e donne della Forestale; 130 passeranno alla Polizia, 350 nei Vigili del Fuoco. La costituzione di Corpi forestali regionali e’ una delle soluzioni proposte dai sindacati, che chiedono di ‘non militarizzare’ la polizia ambientale e di tutelare le domande di mobilita’ del personale che intende passare ad altre amministrazioni”.
In alternativa al confronto, intendono intraprendere la via legale: hanno raccolto oltre 2.500 ricorsi al Tar, presentati da altrettanti singoli componenti del Corpo forestale dello Stato. Secondo la Cgil, alla luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale, potrebbe essere possibile far valere lo stesso principio, della mancata intesa con le Regioni, che ha portato alla bocciatura di altri tre decreti attuativi della riforma Madia.