di Cinzia Marchegiani
PUGLIA – Tumore al fegato, una patologia difficile da curare. Viene diagnosticata o per caso e/o troppo tardivamente. Nel mondo dell’oncologia abbiamo imparato da molti anni che la prevenzione è un’arma potentissima e spesso una strategia vincente.
Il principale tumore maligno del fegato è il carcinoma epatocellulare o epatocarcinoma (HCC) ed è un tumore a crescita lenta e nella maggior parte dei casi si presenta in stadio avanzato, purtroppo. I tumori di piccole dimensioni spesso non danno sintomi e vengono solitamente individuati nell’ambito di programmi di screening o in maniera casuale, durante esami di diagnostica per immagini effettuati per altri fini.
TUMORE FEGATO. I DATI AIOM 2022
“Oltre il 70% dei casi di tumori primitivi del fegato è riconducibile a fattori di rischio noti, quali l’infezione da virus dell’epatite C (HCV) e da virus dell’epatite B (HBV).
Nelle aree del Nord Italia circa un terzo dei tumori del fegato è peraltro attribuibile all’abuso di bevande alcoliche. Ulteriori fattori di rischio sono rappresentati da aflatossine (in particolare Asia orientale e Africa sub-Sahariana) assunte con l’alimentazione, emocromatosi, deficit di alfa-1-antitripsina, obesità (specie se complicata da presenza di diabete) e steatoepatite non alcolica. Anche il fumo di tabacco è stato riconosciuto tra i fattori di rischio.
Un impatto positivo sull’incidenza di questa patologia è riportato all’introduzione della vaccinazione anti-HBV e alle terapie antivirali per l’HCV. Un ampio studio epidemiologico nella popolazione con epatite cronica B e C ha evidenziato che l’utilizzo di basse dosi di acido acetilsalicilico era associato a un minor rischio di insorgenza di epatocarcinoma e di mortalità correlata alla patologia epatica. Questo dato richiede però conferma in uno studio clinico randomizzato.“
Ma è possibile diagnosticare precocemnete questa patologia?
PUGLIA, I RICERCATORI DELL’IRCCS ‘SAVERIO DE BELLIS’: “È SUFFICIENTE UNA PICCOLISSIMA QUANTITÀ DI SANGUE PER STIMARE IL RISCHIO DI SVILUPPARE IL TUMORE AL FEGATO DIECI ANNI PRIMA”
E’ italiana la ricerca che annuncia un importante sviluppo di un punteggio denominato “GALAD” attraverso un algoritmo basato sulla misurazione di alcuni biomarcatori presenti nel sangue.
A dare la notizia innovativa in merito allo screening di prevenzione è la ricerca a firma del prof. Gianluigi Giannelli, direttore scientifico dell’Istituto “Saverio de Bellis“, Ente Ospedaliero Specializzato in Gastroenterologia, struttura ospedaliera ad indirizzo specialistico gastroenterologico medico e chirurgico:
“E’ sufficiente una piccolissima quantità di sangue, poco più di una goccia, per stimare il rischio di sviluppare il tumore al fegato dieci anni prima della sua comparsa.“
E’ questa la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori dell’Irccs “Saverio de Bellis” dopo aver calcolato il punteggio “GALAD” attraverso un algoritmo basato sulla misurazione di alcuni biomarcatori presenti nel sangue. Lo studio, che ha coinvolto 545 pazienti con cirrosi epatica, è stato condotto in collaborazione con l’Università di Modena.
PROFESSOR GIANNELLI: “RIUSCIRE A INDIVIDUARE PRECCEMENTE LA PRESENZA DEL TUMORE AL FEGATO E’ FONDAMENTALE PER GARANTIRE LA MIGLIORE TERAPIA”
Riuscire ad individuare precocemente la presenza del tumore al fegato è fondamentale per garantire al paziente la terapia migliore, come spiega il prof. Gianluigi Giannelli, direttore scientifico dell’Istituto de Bellis:
“Il programma di sorveglianza dei pazienti con cirrosi epatica serve a ridurre del 37% la mortalità per epatocarcinoma, infatti circa il 60% dei pazienti con tumore epatico che riceve trapianto, chirurgia o radiofrequenza ha una sopravvivenza di almeno 5 anni, mentre i pazienti con diagnosi tardiva, e quindi un tumore più avanzato, hanno una aspettativa di vita di 1-2 anni“.
PROFESSOR GIANNELLI: “PUNTEGGIO GALAD CONSENTE DI QUANTIFICARE IL RISCHIO DI SVILUPPARE TUMORE AL FEGATO DIECI ANNI PRIMA CHE SI MANIFESTI”
“L’impiego del punteggio “GALAD” – prosegue il prof. Giannelli – ci consente oggi di quantificare il rischio di sviluppare un tumore al fegato dieci anni prima che esso si manifesti, non esiste alcun altro biomarcatore per nessuna neoplasia così efficace”.
Il “GALAD”, che include tre biomarcatori (alfafetoproteina, alfafetoproteina-L3 e des-ggamma-carbossi-terminale), potrebbe affiancare l’attuale impiego dell’ecografia e potrebbe avere anche altri impieghi:
“Abbiamo appena completato una ricerca in fase di valutazione– continua Giannelli – nella quale abbiamo attribuito all’incremento di “GALAD” un valore prognostico, essendo correlato direttamente ad una progressione del tumore. Ma sono ancora molti i campi nei quali GALAD potrebbe essere impiegato come supporto decisionale nella gestione del paziente con tumore epatico, e numerosi sono gli studi attualmente in corso presso il de Bellis”.
Viene spiegato che la piattaforma tecnologica utilizzata per il dosaggio dei biomarcatori “GALAD” è unica al Sud e in Italia è in possesso solo della Asl di Novara in Piemonte. E’ stata acquistata dal “De Bellis” da circa un anno grazie alla raccolta delle donazioni spontanee attraverso il 5 per 1000 destinato alla ricerca, un aspetto da non sottovalutare.
Conclude il direttore scientifico del “de Bellis” Gianluigi Giannelli:
“È un esempio virtuoso questo. I cittadini grazie alla donazione 5 per 1000 hanno consentito l’acquisto della strumentazione e l’Irccs la mette a loro disposizione per la prevenzione in una malattia tumorale altamente aggressiva, chiudendo così un cerchio di mutua collaborazione che come destinatario principale ha sempre il cittadino”.
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