Editoriale
Maurits Cornelis Escher, Relatività, 1953, litografia, 27,7 x 29,2 cm. Washington, The National Gallery
di Katia Regina
Chi non ha capito cos’è diventato il Partito Democratico alzi la mano. Bene, ora proverò a spiegarlo attraverso un’analogia artistica. Mettetevi comodi e guardate attentamente l’immagine del quadro di Escher. Ah dimenticavo, potete abbassare la mano ora.
Guardatelo bene. State provando smarrimento, inquietudine, straniamento, ansia, vertigini?
Ecco, potrebbe bastare questo per spiegare cosa sta provando un elettore del PD da qualche tempo a questa parte, ma soprattutto in questo periodo storico. Il malcapitato non sa più da quale angolazione guardare, non comprende le dinamiche che muovono quegli strani individui che salgono o scendono scale per poi finire in un punto morto. Una visione esasperante che sfocia inevitabilmente nel desiderio di… spaccare tutto.
Escher ha completato la sua formazione artistica in Italia e, secondo me, ci deve essere ancora un focolaio da qualche parte, un residuo di energia potente e caotica che ha investito alcuni personaggi di spicco del Partito Democratico. Tutto ciò non ha però prodotto una corrente artistica straordinaria, la mutazione politica ha portato solo correnti che nulla hanno di artistico. Non manca niente rispetto alle emozioni provocate dalla visione del quadro di Escher: stai lì, guardi, ti senti inspiegabilmente attratto per motivi che non ricordi più. In quel caos psichedelico cerchi vie di fuga possibili, ti smarrisci, ma non riesci a smettere di guardarlo. Ecco, tutto questo capita agli elettori del Partito Democratico, senza tuttavia provare alla fine quella forma di meraviglia che solo l’arte sa donare. E tolta quella, ciò che resta è solo il desiderio di rompere tutto per trovare pace.
La mutazione delle forme, le cosiddette strutture impossibili, paradossi geometrici che, pur senza mai eludere le leggi della prospettiva tradizionale, intrappolano l’osservatore in un campo visivo dall’ambiguità apparentemente irrisolvibile.
Ora ditemi voi se non sembra si stia parlando del partito in questione, invece è qualcuno che prova a spiegare le opere di Escher.
Davvero non è necessario spiegare ogni singolo enunciato, l’analogia è fin troppo evidente. Ma giusto per non voler apparire troppo sbrigativa, allora vi ricordo quanto è stato capace di dire il segretario del partito subito dopo l’ultima clamorosa sconfitta elettorale: i nostri elettori ci hanno dato il mandato per fare opposizione. Questa contorsione cervellotica dimostrerebbe che chi ha votato PD intendeva dare un mandato elettorale per perdere e dunque fare opposizione. Ho sentito una cosa del genere solo in uno sketch comico, il protagonista con il naso rotto si vantava di avere dato una nasata sulla fronte dell’avversario. Ecco il paradosso dell’enunciato, le altre trovatele voi, magari siete pure più bravi di me.
A questo punto non resta che dare un suggerimento ai dirigenti impegnati nella rifondazione, ops, rinascita, boh! Insomma quello che sarà. Cambiamolo sto simbolo che porta pure sfiga, a quanto pare, facciamo qualcosa di audace, più coerente con quanto fatto e detto in questi ultimi anni. Suggerisco di sostituire la D della sigla con il triangolo di Penrose.
Parafrasando lo studioso Richard Dawkins che ha scelto questo simbolo come copertina del suo romanzo, il PD è solo un’illusione popolare, anche se di esso si può discutere e si può credere alla sua esistenza, Dawkins però parlava di Dio.
Consigli per la lettura: L’illusione di Dio di Richard Dawkins; L’arte spiegata ai truzzi di Paola Guagliumi.
Continua a leggere su FreedomPress.it o su Twitter