di Christian Montagna
Sono uomini, uomini come noi. Sono uomini speciali gli angeli del mare. Su quell’isola abbandonata al proprio destino è grazie a loro se quel barlume di speranza rimane appena acceso, fioco.
È a Lampedusa che mamme, papà, fratelli rischiano la vita, ogni giorno, in un mare di indifferenza, in un mare di crudeltà. Un dramma, il più brutto dinanzi al quale pare che non si possa fare nulla.
I viaggi della speranza, della morte, raccontati da chi sopravvive, da chi quotidianamente cerca di arginare la scia di devastazione che portano con se. Vivido come un quadro impressionistico, la fiction “Lampedusa” racconta uno scenario di guerra, il dramma dei migranti.
Realistico ed emozionante, immagini crude che scuotono le coscienze, solo le nostre a quanto pare. Storie di migranti che s’intrecciano con quelle degli isolani, con gli uomini stessi della Guardia Costiera.
A Lampedusa si respira aria di disperazione. Per fortuna ci sono loro, gli angeli del mare, sempre disposti a sacrificare la propria vita, per gli altri, per chi la vita se la vede strappare dalle onde che si infrangono su una battigia.
Sono uomini, uomini come noi i militari della Guardia Costiera che operano nel silenzio, esposti alle intemperie, senza medaglie. Operano, nonostante tutto. Salvano vite, donano speranze e regalano sorrisi. Rendono quegli scenari meno macabri, meno crudi.
Uomini disposti a sacrificare la propria libertà, che riportano alla luce l’essenza dell’essere umano e ci fanno sentire un po’ meglio in un mondo in cui tutto è diventato disumano. È a loro che va questa riflessione; è a loro che va l’enorme ammirazione che, chiunque, credo, abbia provato vedendo il docufilm.
Allora, “Prima di parlare, vieni a Lampedusa”, perché, anche i migranti, sono uomini, uomini come noi.