di Christian Montagna
Omran Daqneesh, cinque anni, estratto dalle macerie di un bombardamento ad Aleppo. Della madre, dei fratelli, dei suoi affetti, non sa nulla. Solo e spaesato, color polvere, color sangue; occhi senza lacrime, attoniti.
Omran attende l’arrivo di qualcuno che possa rassicurarlo, che possa tendergli una mano ed accarezzarlo, in una città in cui la normalità è stata distrutta dal rumore delle bombe.
Bombe silenziose che portano con sé storie, vite e speranze. E’ la Siria della guerra, quanta paura!
Sappiamo poco della sua storia, ma, quello sguardo triste ed incredulo ha già detto tanto. Adagiato su una sedia arancione da un volontario, Omran strofina forte la manina al viso e sporca di sangue cerca di ripulirla.
Immagini forti che graffiano le coscienze: poco, troppo poco. Domani saranno già archiviate. Immagini che ci ostiniamo ad evitare, che non vorremmo mai più vedere ma che nella routine abbiamo già visto troppe volte.
Un anno fa in Turchia, Aylan Kurdi, tre anni, siriano, senza vita e a faccia in giù, tra le onde che senza sosta si infrangevano sulla battigia. T- shirt rossa, pantaloncini blu ed una vita spezzata. Aylan scappava dalla guerra ed insieme al fratello ha trovato la morte sulle spiagge di Bodrum. Immagini che volavano anche allora come boomerang su tutti i giornali ma che poco, troppo poco, scalfivano le coscienze.
Carni straziate da frammenti di mortaio, dalle macerie degli edifici crollati; crisi umanitaria, tregue necessarie: non basta più lo shock, non basta più lo sgomento.
E il limite? Forse non si toccherà mai, forse, questo è solo un punto di partenza.
Sdegno e indignazione, ma anche tanta ipocrisia. Una guerra che conta trecentomila vittime: ad Aleppo, un governo provvisorio avrebbe dovuto prendere il posto del regime di Bashar Assad; così non è stato. Interessi stranieri, beneplacito delle grandi potenze mondiali : l’indignazione non trova più posto in questa marea di egoismo.
Intanto, civili intrappolati nelle proprie case, bambini mutilati e privati della vita, derubati dell’ ebbrezza dell’infanzia e con quegli occhi che rimarranno, chissà per quanto tempo ancora, senza lacrime.
Siamo ad Aleppo, questa, è la realtà .