di Cinzia Marchegiani
Migranti, clandestini troppi e senza diritto. In Italia nasce l’era della schiavitù postmoderna. I clandestini sono troppi? Più di 1 milione di profughi hanno attraversato il mare nel 2015, di cui 850 000 per le isole greche. Dal 2016, sono stati 158.000 a prendere questa strada, che si è quasi arrestata dopo gli accordi contestati firmati tra Bruxelles e Ankara il 18 marzo, che prevedono il rinvio di migranti verso la Turchia. La strada verso l’Italia, ha ancora drenato 70.000 migranti da gennaio.
Già a luglio 2016 l’Italia diceva basta lanciando la campagna “Aware Migrants” realizzata assieme all’organizzazione internazionale per le migrazioni sui social media, in tv e alla radio in una quindicina di Paesi dell’Africa Occidentale e settentrionale. Con le testimonianze di numerosi migranti il governo italiano voleva mettere in guardia dai pericoli della traversata del Mediterraneo chi progetta di emigrare.
Dal 2010, si legge nel rapporto di Frontex, l’Italia ha visto un aumento di dieci volte del numero di arrivi dall’Africa Occidentale. I Nigeriani costituiscono la maggioranza dei migranti su questa rotta, seguiti da cittadini di Eritrea, Guinea, Costa d’Avorio, e Gambia.
Ma la transumanza è troppa, molti sono solo clandestini, e troppe le persone da gestire in un modello sociale a rischio esplosione, dove i nuovi arrivati si inseriscono in realtà già in grande crisi economica e difficoltà quasi quotidiane, mentre si consumano milioni e milioni di euro che finiscono nelle casse delle cooperative alimentando un business disumano e senza logica e strategia politica.
Ora, dopo le tratte disumane potrebbe nascere l’era della schiavitù post-moderna.
Come funzionerà? Leggiamo dai giornali
Permesso Provvisorio. A due mesi dall’arrivo, l’immigrato riceverà un permesso provvisorio, in attesa che la sua identità sia verificata. Così il richiedente asilo finirà in uno Sprar e il sindaco del comune ospitante offrirà opportunità di lavori socialmente utili. L’intento del ministro è far andare questo sistema a regime, in modo che, modificando l’attuale normativa, il lavoro diventi un requisito obbligatorio. C’è da superare, però, l’ipotesi retribuzione, che al momento rappresenta uno scoglio.
Riapertura dei Cie. Cambieranno nome in Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) i vecchi Cie. E con il nome dovrebbe cambiare la loro organizzazione e il loro funzionamento, almeno in base a quanto dichiara il ministro Minniti. “I nuovi centri non avranno nulla a che fare con i vecchi, avranno governance trasparente e un potere esterno rispetto alle condizioni di vita all’interno”, assicura. Si parla di centri piccoli, fuori dai centri cittadini e vicini a infrastrutture come gli aeroporti, da 80-100 posti, uno per regione, escludendo Valle d’Aosta e Molise, per un totale di 1.500-1.600 ospiti, non migranti senza permesso di soggiorno, ma sospetti criminali. All’interno sarà presente la figura di un garante per verificare il rispetto dei diritti e delle procedure. Poliziotti impiegati per le identificazioni, ma la sorveglianza spetterebbe all’esercito.
Tra le altre novità del piano immigrazione firmato Minniti ci sono: la riduzione a un solo grado di appello nel caso di bocciatura della domanda di asilo; gli accordi con i Paesi di provenienza; aumento del numero dei Comuni che danno accoglienza tramite incentivi (500 euro a migrante già stanziati). Proposta di modifica anche sul reato di clandestinità.
L’era della schiavitù postmoderna è arrivata, così sembrerebbe.