Roma – Medici d’Italia scendono in piazza contro la manovra Renzi. Camici bianchi e le organizzazioni sindacali hanno confermato il sit-in in camice bianco di domani e la mobilitzione fino allo sciopero.
Hanno richiesto un confronto urgente con il Ministro della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, perché il problema è politico ed il Governo deve farsene carico,come ha fatto per altri settori del publico impiego.
“Abbiamo apprezzato le aperture del Ministro della salute sui temi posti dalle categorie in materia di Contratto di lavoro, assunzioni e precariato, ma riteniamo che le nostre richieste debbano essere accolte dal Governo e dal Parlamento nella legge di bilancio”.
Questo il commento delle organizzazioni sindacali della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria al termine dell’incontro di oggi 16 novembre 2016 con il Ministro Lorenzin: “Per queste ragioni confermiamo il sit-in in camice bianco in programma domani 17 novembre alle 11.00 davanti al Parlamento e la conferenza stampa dei Segretari Nazionali sempre domani alle 11.00 presso l’Hotel Nazionale a Piazza Monte Citorio nella quale illustreremo le ragioni della nostra protesta e dello sciopero già preannunciato”
In una lettera rivolta a tutti i medici italiani le 10 sigle sindacali Anaao Assomed, Cimo, Aaroi-emac, Fp Cgil medici e dirigenti sanitari, Fvm, Fassid (Aipac-Aupi-Simet-Sinafo-Snr), Cisl medici, Fesmed, Anpo, Ascoti, Fials medici, Uil Fpl medici spiegavano le motivazioni delle contestazioni in merito alle scelte contenute nella legge di bilancio presentate in Parlamento.
L’entità delle risorse messe a disposizione del CCNL per il triennio 2016-2018 rimane, a dispetto delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, ancora simbolica, incapace di arrestare l’impoverimento e la dilagante demotivazione professionale e migliorare condizioni di lavoro incompatibili con livelli retributivi inchiodati al 2010. Ma non peggiorate abbastanza da concederci di anticipare il pensionamento, a differenza di infermiere ed ostetriche che condividono il nostro lavoro negli stessi spazi fisici e con le stesse modalità organizzative.
Per quanto riusciamo oggi a capire, l’incremento medio mensile rimarrebbe al di sotto dei mitici 80 euro, a regime nel 2018. Non sappiamo cosa Governo e Regioni chiederanno in cambio in termini di orario di lavoro, flessibilità organizzativa, relazioni sindacali. Né come sia possibile valorizzare il merito ed incentivare la produttività con tale cornucopia. In assenza, anche, di forme di finanziamento indiretto quali la defiscalizzazione della produttività, che si potrebbe finalizzare alla riduzione delle liste di attesa, o il welfare aziendale, come se le donne impiegate in sanità non avessero bisogno di asili nido o di baysitter per conciliare vita e lavoro. Intanto, la demolizione dei contratti precedenti, operata ogni anno dalle leggi finanziarie, ha depauperato le risorse accessorie che nel 2016 sono inferiori a quelle pattuite nel 2010, mentre la indennità di esclusività di rapporto è ancora congelata ai valori del 1999. In anni di blocchi e tagli abbiamo pagato un alto prezzo al risanamento dei conti pubblici, in termini di valore assoluto e potere d’acquisto delle retribuzioni, e delle pensioni, di condizioni di lavoro, di riduzione e precarizzazione della occupazione. Anche le assunzioni e/o stabilizzazioni di precari annunciate con grandi squilli di trombe appaiono incerte nei tempi e nelle procedure, dotate di stanziamenti esigui rispetto al numero degli aventi diritto ed alle necessità delle dotazioni organiche, anche per rispettare le direttive europee. Senza contare che i precari di lungo corso della ricerca sono addirittura dimenticati, sostituiti dai bonus. Si allontanano, così, le condizioni ed i tempi per una uscita reale da 7 anni di blocco contrattuale.
Il Governo finge di ignorare che se il SSN ancora regge, dopo avere perso 7.000 medici e dirigenti sanitari, è perché chi è rimasto in corsia e nei servizi continua a dar prova di grande abnegazione, senso del dovere e professionalità. Nonostante la scure dei tagli lineari sugli organici, sulle strutture semplici e complesse, sui fondi, sui posti letto. Nonostante ritmi e turni di lavoro insostenibili, mancato rispetto delle pause e dei riposi, milioni di ore lavorate non retribuite e non recuperabili, ferie non godute, innalzamento dell’età media dei medici al vertice mondiale, lavoro notturno oltre i 65 anni. Nonostante l’ abuso di contratti atipici e la dilagante precarizzazione del lavoro, che privano di certezza di vita personale e professionale una intera generazione, dopo 11-12 anni di formazione. Un terreno di coltura per caporali pubblici e privati che alimenta la fuga dal Paese, sestuplicata negli ultimi 5 anni, un regalo ai vicini europei, visto il patrimonio,anche economico, investito.
Spiegheremo ai cittadini che i LEA non sono auto-erogabili, come se fossimo in un virtuale self service della sanità pubblica, separabili da abilità e competenze professionali che fanno la differenza tra la salute e la malattia e, non di rado, tra la vita e la morte e che il diritto alla cura non è scindibile dal diritto a curare in dignitose condizioni di lavoro e di esercizio professionale. Il cuore della sanità pubblica sono i suoi professionisti, ed i Medici in particolare, tra i quali i giovani rappresentano una ricchezza da valorizzare prima che invecchino o scappino, un capitale umano insostituibile che il Governo espelle dalle politiche di bilancio, se non come camici nelle cui tasche affondare le mani.
Cari Colleghi, non possiamo subire una ulteriore proroga, di fatto, del blocco contrattuale ed il prolungamento dello scippo dei fondi accessori, che servono a valorizzare le carriere e remunerare il disagio. Né rassegnarci al peggioramento dei livelli retributivi, rinunciando a reclamare un diverso valore, anche salariale, del nostro lavoro che riporti i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato.
Per legittima difesa.
Per un Contratto di lavoro che valorizzi la nostra attività ed il nostro ruolo a garanzia di servizi di qualità per i cittadini.
Per la fine della precarietà e nuova occupazione.
Per una civile e forte difesa delle nostre professioni, della loro autonomia e dei loro legittimi interessi.
Contro le fallimentari scelte politiche riguardanti il SSN ed i nostri destini professionali messe in atto dai Governi degli ultimi anni.
Domani i medici scenderanno in piazza per contestare una legge di bilancio che sembrerebbe aver premiato solo le lobby, ma non il cuore pulsante della sanità, medici e operatoti sanitari che sorreggono il sistema sanitario nazionale grazie a quel senso di abnegazione e professionalità che non viene retribuita e che sarà ancora più incerto nel futuro.
Saranno convocate Assemblee in tutte le aziende sanitarie il 21 novembre, precedute da una Manifestazione nazionale a Roma a Piazza Montecitorio quella di domani 17 novembre, e non viene esclusa la possibilità di uno Sciopero nazionale entro la fine del mese.