Inchieste Freedom
di Cinzia Marchegiani
Marsala (Sicilia) – Gioele Genova, noto come il “piccolo guerriero” che ha tenuto col fiato sospeso molti italiani riguardo la sua incredibile battaglia per vivere e avere accesso a cure alternative in un mondo scientifico che non dava alcuna risposta se non l’attesa alla morte è volato al cielo il 26 dicembre di quattro anni fa.
La vita di Gioele ha lasciato un segno indelebile e pesante nella storia della sanità italiana, con la sua piccola vita ha insegnato assieme alla sua famiglia e tutti coloro che lo hanno aiutato a cercare soluzioni per tutelare il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute, di essere informato in modo completo, aggiornato e comprensibile, di poter usufruire dell’assistenza domiciliare e soprattutto che la vita è un dono cui tutti siamo chiamati a difendere, a tutelare. La sua vita è stata un percorso ad ostacoli, a tratti davvero crudele e incomprensibile. Ha dovuto combattere per tutelare una sentenza che gli permetteva il proseguimento delle terapie, le stesse che gli hanno permesso di trovare miglioramento del suo stato di salute, gli stessi benefici poi che hanno permesso la possibilità di vivere nella sua casa con i suoi famigliari e i suoi due fratelli, Andrea e Felicia.
Le mie parole servono a poco, ecco Gioele come ci racconta la sua breve ma intensa vita. Il prossimo mercoledì 18 dicembre a Marsala al Teatro Impero ci sarà un evento con il patrocinio del Comune di Marsale e il contributo della Samot Ragusa onlus “Gioele il piccolo Guerriero” affinché come ci raccontano mamma Katia e papà Antonio: “Le storie più belle del mondo appartengono ai bambini. Grazie Gioele per quello che hai saputo regalarci e quello che hai voluto che tutti noi imparassimo: il valore della vita” e presentare un progetto innovativo per aiutare tante famiglie che si trovano a dover affrontare malattie difficile e che spesso si chiudono in se stesse nel loro dolore.
IO SONO “G I O E L E I L P I C C O L O G U E R R I E R O”
“Io sono Gioele, il piccolo bambino di Marsala nato con una malattia neurodegenerativa crudele, la SMA1. Ho lottato per vivere con tutte le mie forze nonostante un destino avverso aveva già deciso della mia sorte. Nonostante la scienza ufficiale aveva detto ai miei genitori che dovevo solo morire e molto presto.
Per me non c’era alcuna speranza.
Da quando sono nato mi hanno intubato e tenuto in vita grazie a dei macchinari, i miei muscoli sofferenti non mi permettevano neanche di respirare. Ma mamma e papà non si sono mai arresi e hanno cercato, invocato e ottenuto una opportunità di provare una terapia innovativa che mi ha permesso di stare meglio e di godere dei momenti più belli che un piccolo bambino deve vivere, a casa e al fianco ai propri genitori e non in un gelido ospedale.
Mio padre Antonio e la mia bellissima mamma Katia sono stati dei rivoluzionari… Come dicono i giovani? Belli tosti. Era incredibile. Esisteva una chance per me, si sono rivolti ad un giudice che ha ordinato al nosocomio di Brescia di provvedere all’infusione delle cellule staminali, io che ormai ero spacciato e avevo davvero poco tempo per vivere.
Nonostante la sentenza imponeva il mio ricovero e l’infusione delle staminali, le porte dell’ospedale per me rimanevano chiuse e così il mio caso diventò presto mediatico. I miei genitori sono stati inamovibili sulle loro decisioni e hanno perorato con ogni mezzo legale la battaglia difficile, a tratti inaccessibile ma giusta per ottenere il diritto alle cure compassionevoli e soprattutto l’assistenza domiciliare.
La mia breve vita sarebbe dovuta trascorrere tra le mura di una stanza dell’ospedale, quello dei Bambini di Palermo che era diventata a tutti gli effetti la mia casa. Senza vedere come fosse il cielo, senza poter sentire i rumori del mondo, senza poter vivere in famiglia con i miei genitori e i miei due adorabili fratelli, Andrea e Felicia. Senza il calore e la forza che una famiglia può darti ogni ora del giorno e della notte.
Per la medicina e la scienza ero un neonato spacciato. La SMA1, l’atrofia muscolare spinale non perdona nessuno. Il mio caso è entrato nelle vostre case con il servizio de Le Iene a firma di Giulio Golia il 17 febbraio 2013. Golia si era interessato alla mia, alla nostra battaglia mostrando al mondo intero gli ostacoli che dovevamo superare affinché potessi avere accesso all’unica terapia che poteva restituirmi la dignità di vivere o almeno provare una chance in una realtà dove non vi era nulla se non l’attesa attaccato a dei macchinari del mio trapasso.
La mia storia racconterà che accadde il contrario, sono riuscito grazie a queste staminali a fare anche il bagno nel mare con mamma e papà. Per un bimbo piccolo come me è stato uno dei regali più belli che io potessi avere. Una giornata passata nella spensieratezza, dove l’acqua mi accarezzava le gambine, il sole mi illuminava. Mi sentivo leggero nelle braccia di papà, sotto lo sguardo attento e pieno di ammirazione di mamma Katia. In effetti ho vissuto momenti magici quando finalmente i miei super genitori sono riusciti ad avere l’assistenza domiciliare a casa. Finalmente ero a casa amato e coccolato.
Della mia piccola vita ora rimane un amore sconfinato, il coraggio della mia preziosa famiglia, l’affetto di tanti amici e un immenso lecito sospetto.
Purtroppo dopo le prime infusioni è accaduto qualcosa di bello e poi bruttissimo. Cominciavo a stare meglio, riuscivo anche a stare senza respiratore, crescevo in modo incredibile, muovevo le mie gambine, rispondevo alle richieste dei miei genitori. Sentivo la fierezza di mamma e papà, loro che avevano affrontato un muro invalicabile avevano ottenuto qualcosa di raro e prezioso per me. Ma come tutte le belle favole arrivò il momento di affrontare un altro ostacolo. Quello più difficile da comprendere per me. Non riuscivo a capire cosa avessi fatto di male, cosa avessi fatto per meritarmi tanto accanimento. Io, un bimbo che provavo semplicemente e utopisticamente a sopravvivere e dare una risposta a quella scienza che non mi ha mai voluto visitare. Mai guardare negli occhi. O leggere la mia cartella clinica.
Accadde qualcosa di inatteso. Lo stesso ospedale in cui mi avevano effettuato le infusioni a uso compassionevole – che aveva tra l’altro prodotto incredibili miglioramenti – ha poi fatto ricorso e trascinando con tanto di spese legali i miei genitori in un’aula di tribunale per impedire l’attuazione della sentenza con cui il giudice Antonio Genna impegnava il nosocomio a continuare le stesse infusioni.
Non ci potevo credere. Gli Ospedali Civili si opposero all’ordinanza del giudice Genna. La sua sentenza l’ho incisa nella mia mente. Scolpisce parola dopo parola il ritratto dei diritti inalienabili, concede una opportunità laddove non c’era nulla, obbligava a continuare quelle terapie che avevano fatto tanto per me. Mi accompagna e mi culla il pensiero che una persona che non fosse un mio parente ma un uomo di grande spessore umano e di legge abbia deciso di applicare un giudizio di tutela, di buon senso e logica affinché un piccolo bambino inerme come me potesse continuare proprio quelle infusioni in un mondo medico dove offrivano ai miei genitori solo l’accompagnamento alla morte. A mio sostegno la sentenza del 15 aprile 2014 a firma del giudice Antonio Genna presso il Tribunale di Marsala esperita documentandosi sul mio percorso di vita, la documentazione medica e gli esami strumentali rimane una forte testimonianza di armonia tra legge e speranza. Potete comprendere la beltà e la forza di questa sentenza leggendola assieme a me:
”Avuto riguardo alle peculiarità del caso, appare quindi confermata la sussistenza del quadro cautelare che legittima l’adozione del provvedimento d’urgenza a tutela del diritto alla vita del piccolo Gioele. Con riferimento al Fumus Boni Iuri è infatti innegabile che il piccolo vanta il fondamentale diritto di continuare ad essere curato con la stessa terapia che si è pacificamente rilevata satisfattiva delle aspettative di miglioramento delle condizioni di sofferenza sue proprie e dei suoi familiari. E’ giuridicamente arduo infatti non ravvisare un’atroce barbarie nel privare un malato ancorché grave e senza speranza, di un sollievo ancora possibile e umanamente praticabile poiché ciò equivarrebbe a ‘ledere in modo delittuosamente illecito la dignità umana’ e un migliore livello di benessere non solo del paziente ma anche dei familiari, in quanto assorbiti intrinsecamente nella sofferenza del proprio congiunto.”
L’Azienda ospedaliera che doveva eseguire l’ordinanza, con mio grande stupore incaricò un avvocato, ovviamente pagato con i soldi dei contribuenti, per presentare ricorso ed opporsi alla sentenza emessa. Si dice che ciò creò un vero paradosso, poiché lo stesso Commissario Belleri ha dovuto presentare alla Commissione Conoscitiva al Senato la rendicontazione che vedeva nel periodo 2012/2013, per l’assistenza giuridica in merito ai ricorsi presentati una fattura di 929.828,18 euro, contro la somma di 249.295,35 euro costo complessivo relativo alle terapie somministrate. Insomma circa 40 giorni dopo lo stesso Tribunale di Marsala, con decisione collegiale, ribaltò la scelta, accogliendo il ricorso con cui gli Ospedali Civili si opposero all’ordinanza del giudice Genna.
Dovevano valere proprio poco sia la mia vita che i miei diritti. L’ho sperimentato amaramente sulla mia pelle. Da allora purtroppo piano piano ho solo regredito. Persi tutti i benefici che avevo acquisito, la mia aspettativa di vita stava mutando. I miei genitori e tutti coloro che mi volevano bene e lottavano al mio fianco non riuscivano a comprendere tale accanimento, la motivazione. Era una sconfitta atroce. “Una barbarie”… appunto come aveva sottolineato il giudice Genna ed era quello che incredibilmente stava accadendo.”
E questo feroce dubbio è il dolore più grande che la mia famiglia conserva dentro di sé. Non aver potuto continuare quelle terapie che erano la mia unica chance, di contro avere solo l’unica certezza, quella di dover morire presto. Chiedevano solo una opportunità per combattere, per esistere, per godere più possibile dell’amore più bello tra un figlio e i suoi cari. Non mi è stato concesso.
Ciò è malvagio, insopportabile.
Sono nato con un destino avverso. Avverso per colpa di una malattia inesorabile, e per non aver avuto la possibilità di continuare ciò che mi aveva consegnato una seconda vita e opportunità incredibile di vivere con i miei genitori. Non so come sarebbe stato il mio tempo su questa terra, ma so che qualcuno ha impedito una risoluzione diversa. Il lecito sospetto non si nasconde in alcun volo pindarico, io non ho avuto dalla mia parte chi avendo potere ha deciso della mia piccina vita strappandomi l’unica chance in uno scenario quasi ipnotico dove la mia possibile sopravvivenza sembrava interferire più su altri aspetti burocratici, di falsa etica e non sull’importanza di cogliere un’opportunità di vivere dove non c’era da nessun’altra parte.
Per me c’era ora solo il diritto a morire.
Sono nato con questa rara malattia, una delle più severe al mondo, la SMA1 e mi furono negate proprio quelle terapie che mi portarono beneficio testimoniato da esami strumentali oggettivi e unici al mondo, dove invece la letteratura medica spiega in modo inconfutabile che non esiste tuttora alcuna terapia alternativa.
E in questa realtà, di percorsi ad ostacoli sempre più difficili io sono riuscito ad andare oltre la scienza, con le staminali riuscivo a muovere testa e gambe, respiravo anche senza macchinario, ero decisamente un bambino diverso… laddove la stessa scienza, quella titolata ancora afferma che se un malato di SMA1 perde la mobilità di un arto, di un dito non può più riacquistarla. Incredibile vero!?
In realtà la cosa più buffa è che le istituzioni raccontavano che per noi bimbi malati rari ci avrebbero consigliato altre alternative, che buffo nessuno chiamò mai i miei genitori, tanto che tramite una giornalista mamma e papà hanno rilasciato la nostra testimonianza. Eh sì perché volevano far credere che mentre mi scippavano una chance dicevano che ce ne davano altre. Ci avrebbero consigliato altri iter. Non fu così purtroppo!
La giornalista Cinzia Marchegiani intervistò per questo motivo i familiari dei piccoli malati in lista di attesa al nosocomio di Brescia che si erano sentiti chiamare in causa dal comunicato pubblicato il 25 agosto 2014 sul sito dell’Aifa dal dr Luca Pani, che sotto al titolo’Caso Stamina: da AIFA risposte concrete ai genitori dei bimbi in lista d’attesa’, dichiarava:
”In relazione a notizie apparse recentemente su qualche agenzia di stampa o sui social media riguardo al presunto disinteresse da parte di organi e agenzie del Ministero della Salute circa le condizioni di salute di piccoli malati in attesa di ricevere il cosiddetto ‘metodo Stamina’, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) intende precisare di aver ricevuto, anche per il tramite del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, diverse richieste da genitori di alcuni bambini in lista d’attesa e di aver provveduto tempestivamente a coordinare le consulenze cliniche e scientifiche con esperti nazionali e internazionali sino a delle visite mediche che si sono regolarmente svolte nei mesi passati. L’AIFA, nel rispetto del codice deontologico, del segreto professionale e della privacy delle famiglie, non fornirà ulteriori elementi o informazioni che possano identificare i pazienti, e ribadisce la sua piena disponibilità a supportare tutte le richieste di sperimentazioni cliniche eseguite in ottemperanza alle norme nazionali ed europee.”
La mia famiglia dichiarò a scanso di equivoci e malintesi: “La nostra situazione è ben conosciuta all’Aifa e al resto d’Italia. Dobbiamo chiamare noi per avere informazioni? Siamo stati lasciati nel buio totale, nessuna indicazione, conforto o aiuto. Siamo invisibili, e nel silenzio si spera che il problema si tolga dalla radice? Siamo fastidiosi perché per noi la vita è un dono e non accompagniamo alla morte i nostri figli. Ognuno è libero di fare le proprie scelte, ma è anche giusto che altrettanto vengano rispettati i principi di cui ci nutriamo. E questo non sta accadendo. Ci si riempie di belle parole che nei fatti vengono smentiti. La dignità è il rispetto che i malati pretendono sia rispettata… Ma non è così! È un brutto vedere, e nonostante tutto ogni giorno si deve assistere a queste farneticazioni!”
E così tanti altri genitori lasciati senza una guida, senza alcuna speranza raccontarono tramite stampa la loro solitudine, le opportunità mancate nel deserto istituzionale sordo e muto quando voleva esserlo!
Il ricordo più bello per un bimbo come me, e lo custodirò con gelosia e amore è aver potuto vivere in casa insieme ai miei due splendidi fratelli Andrea e Felicia e i miei adorati genitori.
Quanto amore sentivo, quanto calore. Mi hanno dato forza, mi hanno fatto sentire amato, unico e speciale. Gli abbracci, le carezze. L’amore più profondo vissuto costantemente. Essere lì con loro e poterli guardare e vivere. I miei genitori infatti riuscirono in questo covo di impedimenti burocratici ad ottenere l’assistenza domiciliare.
E le parole di papà Antonio il 20 maggio 2014 sono state incise a ricordo della battaglia e dramma che abbiamo vissuto, perché nessuna sofferenza può essere raccontata se non con le emozioni di chi le vive:
“Dopo due anni e sette mesi di lotta contro L’ASP per la mancanza assistenza domiciliare per i malati gravi come mio figlio GIOELE, con varie denunce sia civile che penali, dopo tanti questioni, liti, delusioni, rabbia, dopo vari incontri con la Borsellino Assessore alla sanità in Sicilia , dopo avere avuto contatti in tutta Italia, oggi possiamo confermare……LA VITTORIA. Confermato dalla ASL di Marsala Di Trapani Di Palermo, nel nostro territorio che da oggi ci sarà assistenza adeguata per i malati gravi. Gioele da oggi apre un nuovo capitolo in Sicilia per lui e per tutti i ‘gioiellini’ presenti e che verranno in futuro, cosa che io spero che siano meno possibile. La cosa più amara che non posso accettare è nel dover sentire che per creare nuove realtà ci deve essere sempre chi deve lottare con fatica. Mi sento di ringraziare per questa vittoria di civiltà, per il loro aiuto in questo lungo percorso alcune persone, come la Senatrice Bonfrisco, il Senatore Lumia, il dr Lipari, il sindaco Giulia Adamo, e per finire per ultima, ma non per importanza Chiara Mastella. Lei è stata il perno più importante in questa triste e assurda lotta. Chiara Mastella con la sua grinta, tenacia e la sua conoscenza è stata capace in sette mesi circa, di fare si che tutto ciò diventasse realtà. Gioele dopo due anni e sette mesi può tornare a casa con la sua famiglia. Ringrazio Mastella e tutti coloro che ho nominato, grazie anche a mia moglie che non mi ha mai lasciato da solo in questo lungo calvario, e un grazie particolare va per il protagonista, mio figlio Gioele.. amore tu sei venuto al mondo con lo scopo proprio di migliorare il mondo, grazie amore mio. Per tutte le famiglie con figli disabili che ho contattato cercando aiuto e che mi hanno ignorato totalmente perché pensavano che io fosse solo in pazzo convinto di cambiare le cose, vi dico oggi, eccovi serviti! Spero solo che in futuro il nome di mio figlio non venga dimenticato, ma che venga ricordato come il piccolo Gioele che con il suo dolore ha permesso che tutti i malati presenti e futuri fossero rispettati per come meritano. Lo avevo giurato che non mi sarei fermato finché tutto ciò non fosse reso reale, oggi posso dire c’è l’ho fatta, felice per mio figlio e per tutti coloro che ne avranno bisogno.”
La mia vita da allora è stata un susseguirsi di emozioni, mi sentivo protetto nelle mani di mamma e papà, avevo tanti amici che mi venivano a trovare, anche quegli amici speciali che stanno tuttora combattendo una battaglia contro una malattia crudele e contro quella stessa burocrazia che decide come dobbiamo vivere. Sentire cantare mia madre, avere i miei fratelli vicino a me, osservare un nuovo mondo per me ha rappresentato un universo di gioia, di sorprese, è stato il regalo più importante che mamma e papà potevano donarmi. Hanno fatto tanti sacrifici, hanno provato tanta sofferenza, ma mi hanno concesso giorni indimenticabili che un bimbo piccolo come me aveva tutto il diritto di vivere.
Ecco perché la mia storia non sarà dimenticata, mi chiamano “Gioele il piccolo guerriero”.
Non mi sono arreso facilmente perché non potevo deludere chi mi amava immensamente. Poi il declino della mia terribile malattia che senza alcuna alternativa terapeutica apriva le porte alla morte, al mio destino crudele. Un destino che abbiamo deviato e riscritto giorno dopo giorno scuotendo le coscienze di tutti coloro che ci hanno osteggiato o emarginato. Si poteva migliorare la vita di un piccolo essere umano e i miei genitori, i miei legali, delle sentenze di rara bellezza lo hanno fatto. Una battaglia a tratti forte e emblematica, a tratti unica e una vera apriporta a tanti altri diritti da difendere ha permesso di scrivere nuovi percorsi nella scienza, perché a dispetto di coloro che non vedevano elementi di rilevanza medica, c’è chi è andato oltre e ha voluto studiare il mio caso e quelli dei miei piccoli amici rari che con la loro unicità avevano dato importanti informazioni.
Eravamo testimoni di un fatto epocale. Il Dr Marcello Villanova, Responsabile Unità di Recupero e Riabilitazione Funzionale malattie Neuromuscolari Ospedale Privato Accreditato Nigrisoli scettico sin dall’inizio su queste staminali, nel corso di questa disamina ha voluto approfondire, studiare. Una lucida verità è emersa dalle sue osservazioni di medico in un campo dove molti hanno dato giudizi pur non essendo neurologi, pur non avendo mai visitato un bambino oggetto del caso. I dati e gli studi chiarificatori grazie all’impegno senza sosta del Dr. Marcello Villavova e il Prof John Robert Bach, uno dei primi studi al mondo su bambini con Sma 1, hanno dimostrato come le terapie con le staminali mesenchimali siano state importanti e abbiamo offerto inconfutabilmente indizi seri cui la scienza deve indagare affinché ai piccoli malati destinati alla morte sia data una speranza.
Ecco, la mia vita seppur breve ma intensa terminava il 26 dicembre 2015, ricoverato all’ospedale di Palermo dico addio a chi mi amò sopra ogni cosa. Quattro anni vissuti in una sorta di incubo e estrema felicità, al mio funerale tanti palloncini, tante lacrime, tanto dolore.
Amici, parenti, conoscenti, l’Italia si fermava a darmi l’ultimo saluto, papà Antonio riuscì a informare pubblicamente di questo grande vuoto:
“Il tuo nome, amore mio ha fatto tremare un’Italia intera, hai dato in solo 4 anni di vita più di un uomo vissuto 100 anni”.
È vero papà, abbiamo insegnato cosa è la dignità, l’importanza della vita in un mondo che guarda troppo spesso i malati come numeri da circoscrivere, codici che pesano sul servizio sanitario nazionale. Abbiamo insegnato cosa è l’amore e cosa fa. Siamo stati catapultati in un intrigo quasi perfetto fatto di ossimori, di incompresdinbili competizioni scientifiche, superficialità, indifferenza. Un po’ squallido è vero, ma il tempo consegna ad ognuno il proprio conto. La mia riconoscenza va a te mio supereroe e alla mia splendida mamma, perché mi avete concesso di poter vivere al meglio delle mie capacità e potenzialità, mentre altri mi avrebbero tenuto attaccato a dei tubi in un letto di ospedale attendendo la fine inesorabile. Avete cercato il meglio per me, lo avete ottenuto a costo di sacrifici inimmaginabili che tutta la nostra famiglia ha portato con fierezza sulle proprie spalle. Penso a Andrea e Felicia. Un prezzo caro che vale però tutto l’oro del mondo e ora che sono in viaggio da tempo sopra di voi, vi guardo e vi proteggo nell’attesa di riabbracciarvi con tutto l’amore che meritate.
“Merita il potere solo chi ogni giorno lo rende giusto”
Dag Hammarskjöld
Lo scorso 2 novembre 2019 il Corriere.it annunciava la fine di una dura battaglia legale dei medici degli Spedali Civili di Brescia che somministrarono tali terapie: “Non ci sono dubbi: nessuno all’Ospedale Civile di Brescia ha somministrato farmaci imperfetti o guasti, anche se sono stati infusi nell’ambito del contestatissimo Metodo Stamina, che prevedeva una terapia a base di cellule staminali mesenchimali, lavorate secondo un metodo segreto e ritenuto dalla comunità scientifica inefficace a curare le malattie neurodegenerative per le quali i promotori della Stamina Foundation di Davide Vannoni assicuravano risultati strabilianti (dal Parkinson alla sclerosi multipla, dalla Sma1 alla Sla).”
Cara mamma e papà, lo so è difficile alla luce anche di questa sentenza. Siate sempre la luce nei giorni di paura e tenebre, siate la parola di conforto per coloro che non ne hanno, siate il sentiero per i bambini bisognosi, siate la mia fierezza in questo mondo troppo cinico e crudele. Siate l’amore e la tenerezza laddove vi è bisogno.
Io ricorderò sempre chi mi ha teso una mano, chi mi ha permesso una vita diversa da quella che il destino aveva scritto con crudeltà per me.
E ora fluttuo gioioso e sereno come quel giorno che mi portaste al mare, concedendoci una giornata intensa e bella. Vi amo sopra ogni cosa al mondo.”
Gioele ha insegnato che la vita è un dono, anche quando una malattia crudele ti cuce addosso un verdetto atroce, che vivere con dignità la propria esistenza deve essere un diritto sacrosanto. I malati rari conoscono perfettamente le proprie aspettative di vita, che non ci sono pillole magiche che fanno sparire queste malattie neurodegenerative, ma se ci sono possibilità per migliorare la qualità della stessa vita occorre lottare per ottenerle, perchè quella breve vita che Gioele ha vissuto con i propri genitori in un ambiente sereno e con l’amore incondizionato di una casa vale davvero tutto i tesoro di questo mondo. E nessuno ha il diritto di negarlo. Nessuno!
A MARSALA L’EVENTO AL TEATRO IMPERO “GIOLE IL PICCOLO GUERRIERO”. Gioele vi aspetta a Marsala al Teatro Impero il 18 dicembre per un veneto davvero bellissimo, per sorridere con tanti artisti e per presentare “La Casa di Gioele“, un progetto che possa dare un senso a questa pesantissima battaglia che hanno perorato i suo genitori, i suoi legali, ma anche l’amministrazione e la ASL che hanno dimostrato che si può assistere e dare supporto a malati davvero unici, nelle loro malattie e nelle loro speranze. Una guida per le tante famiglie che all’improvviso si trovano catapultati a gestire queste terribili malattie e che spesso si chudon nel loro dolore e paura. Insomma per dare una vita dignitosa ai malati e alle loro famiglie.
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