di Daniel Prosperi
Italia. Un nome troppo altisonante per un Paese che non suona più bene. Si perché questa nazione fatta di poeti, cantanti e navigatori sta per dire buonanotte ai senatori ma ai suonatori da tempo gli ha dato l’addio. Aspettate, mi correggo. Non il Paese in sè, che comunque vive e ce lo sta ricordando con qualche scossa dal tono “Allora? Che dovete da fà?”, ma il popolo che lo sta abitando.
Semplicemente noi.
Sempre di corsa, quelli della domenica da Ikea o da stadio, che non hanno bisogno di serenità ma la cercano negli oggetti all’ultimo grido. E purtroppo le persone che hanno poco di materiale ma tanto, tanto cuore, sono sperduti in qualche Paese sull’Appennino che non esiste più, ma quantomeno rimane una comunità unità, con radici testualmente terrene che nemmeno il terremoto riesce ad estirpare.
Eppure, qualcuno li ha fatti fuggire. E non sempre la paura. Ma la mancanza di vita. Proprio così. Quella delle grandi città, fatta di servizi, ospedali, negozi, illuminazioni..che manca? Dicono i giovani di quei luoghi. In realtà manca tutto, manca l’amore, manca l’anima pulsante della nostra italianità.
Ieri ho scritto un messaggio di vicinanza al Sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che mi ha risposto squisitamente concludendo “Italiani brava gente”. Ma perché non riusciamo ad esserlo veramente? O meglio, a volerlo essere veramente?
Basta poco, diceva Manfredi, bastano un par de scarpe nove pe gira er monno…io mi limito a girare il nostro splendido Paese.
Perché è il nostro, PUNTO. Non è di un Dio, né della finanza o dei “piano alti”. È nostro, punto! E in questo tempo, vediamo anche come i nostri amministratori, imparagonabili ai quasi 100 sindaci dei Comuni colpiti di Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio che sono eroi del nostro tempo, siano degli inetti completamente incapaci. Basti pensare all’immigrazione. Ancora si parla di immigrati, che di continui affollano strade di periferia e bunker chiamati centri accoglienza. Ma c’è bisogno di continuare ad accogliere o invece, come quel pazzo di Trump sta già decidendo, c’è bisogno di fermare la vendita di armi a cellule terroristiche?
Lo so, gli equilibri da garantire alle lobbies delle armi sono indissolubili. Ma perché? Dove sta scritto? In qualche trattato? In qualche Costituzione sana e robusta? Non mi pare. Sono gli equilibri degli squilibrati mentali che vanno messi in un angoletto della storia. E basta farci del male così, perché tanto in una casa di legno ci finiremo tutti prima o poi.
Ieri sono vissuti i nostri creatori. Oggi viviamo noi. Domani altri. Vogliamo lasciargli la possibilità di vivere quantomeno in maniera serena, visto che la vita è tanto lunga se vissuta soavemente e più breve se è distrutta da affannati mentali?
Ho intenzione, di fronte a questo schifo, per le conoscenze che ho in materia di predisposizione di atti, di redigere e inoltrare entro un mese una proposta di legge al Governo e a tutte le testate giornalistiche. Magari, stavolta, qualcuno capirà che il Pil può crescere anche senza necessariamente indurre un terremoto o strumentalizzare la vita di chi scappa da guerre create da noi.
Chiu Pil per Tutti! (Cetto Docet!)