di Christian Montagna
Tiziana, 31 anni ed una vita spezzata. Un foulard e un gesto dettato dalla disperazione, una situazione insopportabile per una giovane e fragile donna che lo scorso anno ha subito una vera e propria violenza, sotto gli occhi di tutti, con la complicità di tutti.
La giovane napoletana che durante un rapporto sessuale è stata ripresa da un telefono cellulare ed umiliata sul web si è tolta la vita poche ore fa, nell’ indifferenza di chi pensava che fosse una semplice goliardia. Ma, a questo, ci penserà la magistratura.
Ciò che rimane, oggi, è una grande amarezza e la consapevolezza di quanto tutto stia sfuggendo di mano.
“Stai facendo il video? Bravo”: così Tiziana si era espressa in quella ripresa divenuta poi la sua condanna a morte. Migliaia di click, popolarità immediata e tanta ilarità. Allora, si pensò ad un’ipotesi di marketing, ad una giovane esibizionista e senza freni alla ricerca della popolarità nel mondo dell’hard e pronta a sponsorizzare se stessa.
Nessuno, ha pensato che lentamente si stesse spegnendo una giovane vita.
E’ il web che uccide, senza se e senza ma. Perseguita, tormenta e non lascia scampo. Un anno di insulti, umiliazioni e quel tentativo mal riuscito di cambiare vita, nome e città. Magliette che riportano la frase tormentone da lei pronunciata, gruppi Facebook , parodie e video satirici che spopolano su YouTube: Tiziana è morta per tutto questo.
Nessuno ha pensato alla tutela della sua privacy; nessuno ha pensato che dietro Tiziana ci potesse essere una famiglia, magari composta da bambini e persone anziane a cui, tutto ciò, era difficile da spiegare.
Nell’ ”Italietta del giorno dopo”, all’indomani della tragedia, puntuale la querelle tra innocentisti e colpevolisti. Sì, perché dopo tutto, è arrivato anche questo.
Pensare a come si sarebbe potuto evitare, cercare a tutti i costi il colpevole per mettere a tacere quelle maledette coscienze e dire “ io non c’entro nulla” è quanto di più irrispettoso si possa fare.
Oggi, il web uccide.
Silenziosamente, riflettiamo.