di Christian Montagna
Si sopravvive, si convive con il terrore. Si spera soltanto di non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nelle piazze, per le strade delle città, nei luoghi di raduno, nei bar, nei centri commerciali, negli stadi, nelle arene, nelle proprie case: le immagini degli attentati riecheggiano nelle nostre menti come in un film dell’orrore. I big della terra si incontrano, discutono, ma, ci lasciano convivere con il terrore.
Sono impotenti dinanzi ad un mostro invincibile, sempre sveglio, sempre pronto a firmare nuove stragi.
All’ indomani degli attentati barbari ai danni di innocenti civili che hanno pagato a caro prezzo la libertà di vivere, è impossibile sentirsi al sicuro. Falle enormi nei servizi di intelligence, errori nella stima della pericolosità di soggetti poco raccomandabili: il tutto, viene a galla sempre dopo le tragedie.
È così che all’indomani della strage di Londra, in cui hanno perso la vita sette civili, si scopra che uno degli attentatori sia un soggetto poco raccomandabile, noto già alle forze dell’ordine, segnalato diverse volte per la sua spiccata radicalizzazione.
È così che all’indomani di un ennesimo attacco alla libertà, si cerchi ad ogni costo di scaricare le responsabilità. Pochi giorni di attenzione mediatica e tutto finirà nel dimenticatoio, fino al prossimo attentato.
Intanto, esaltati e radicalizzati continuano a tenere sotto scacco il mondo intero, approfittando di quell’errore, di quella disattenzione. Sono pronti, sempre dietro l’angolo, pronti a firmare nuove stragi.
Sono barbari. Tentano di arrestare l’evoluzione della vita umana, il progresso e la vitalità occidentale. In nome di Allah, quel Dio tristemente noto perché inneggiato poco prima di azionare un detonatore. Quel Dio, che a detta di molti musulmani, mai avrebbe voluto tutto ciò.
Sono fautori di una “propaganda armata”, utilizzano la violenza come gesto simbolico e portatore di un messaggio più ampio. Quasi come fossero attori di un film, il film più tragico mai visto finora, si prendono gioco di noi, sul web,quando diffondono in diretta e nella loro interezza le tanto attese rivendicazioni.
E noi? Terrorizzati, in preda al panico, assistiamo a tutto ciò inermi, come spettatori della più cruenta tragedia euripidea. In fondo, cosa si potrebbe fare?
Intanto, si convive con il terrore: basta poco e l’incubo torna a farsi sentire. Quelle immagini che ormai tutti conosciamo, tornano alla mente in un baleno. Che l’allarme sia reale oppure no, accade che in una piazza gremita di persone che assistono ad un evento calcistico, una simulazione o uno scoppio di un petardo, ipotesi più accreditate, possano far scatenare l’inferno: oltre millecinquecento feriti e tre persone, tra cui un bambino, in codice rosso.
L’apocalisse in un istante, come uno tsunami le cui onde sono rappresentate da corpi umani: il fuggi fuggi generale,senza sapere neppure da cosa bisogna proteggersi, la lotta alla sopravvivenza, la speranza di scampare, anche stavolta, alla morte.
L’angoscia si taglia a fette con una lama, basta davvero poco a spezzare quel filo già di per sé iperteso. In un attimo, l’incubo degli attentati ci assale, quelle immagini di morte tornano alla mente e ancora, si continua a convivere con il terrore …