venerdì, 22 Novembre 2024

L’analisi dell’economista Forchielli: “Perchè il mondo sarà cinese”

ALBERTO FORCHIELLI

di Cinzia Marchegiani

Alberto Forchielli economista ed esperto di affari internazionali, presidente di “Osservatorio Asia”e fondatore di “Mandarin Capital Partners”, fondo che investe in aziende italiane, è investitore, scrittore e imprenditore, che vive tra Italia e Bangkok. Con un’analisi terribile mette in guardia i giovani italiani. La sua non è filosofia, ma un’indagine attenta e cruda… se i ragazzi e le scuole italiane non si svegliano con innovazione e competitività culturale, il futuro, ma soprattutto l’accesso al lavoro, sarà sempre più difficile. E il suo spassionato consiglio è rivolto anche alle aziende italiane, quelle che non fanno parte del mondo globalizzato… in effetti le nostre aziende quelle dei grandi marchi e alta manifattura hanno delocalizzato o sono finite nelle mani di società estere, soprattutto cinesi… per l’appunto.

La colpa è dei cinesi o della deriva di un Paese che non sa guidare le nuove generazioni?

Forchielli, l’economista anarchico per definizione aiuta a guardare con nitidezza il domani che attende i giovani studenti e non. Il suo intervento alla trasmissione “Nemo- Nessuno Escluso” su Rai 2,  ha destato stupore, forse la verità fa inorridire, ma lancia dei salvagenti a chi guarda il proprio futuro come una grande dispensa dove ci sono tante opportunità. Opportunità che però possono scivolare dalle mani quando non si hanno le capacità per afferrarle. 

Forchielli fa un resoconto del suo intervento a Rai2 partendo dal dato impressionante che ogni anno si laureano sette milioni di cinesi, costatando non solo la loro preparazione qualificata ma anche la loro forza di volontà di primeggiare in ambito professionale.

In sostanza ho risposto a una domanda, figlia di una delle tantissime considerazioni che affronto nel saggio, scritto con Mengoli, “Il potere è noioso” (Baldini & Castoldi 2016): perché il mondo sarà cinese?

Il mondo sarà cinese perché ogni anno si laureano sette milioni di cinesi. Un numero enorme che supera tutta la popolazione di Veneto, Trentino e Friuli. Con quest’ultima generazione di ragazzi cinesi io ci lavoro e li frequento negli uffici del Mandarin di Shanghai e Hong Kong e posso compararli con i nostri dipendenti, loro coetanei, negli uffici di Milano, Lussemburgo e America e devo dire che sono davvero tosti.

I cinesi che adesso noi in Italia, con miopia e provincialismo, vediamo come operai, saranno gli scienziati del futuro. Già oggi vanno in America e la conquistano. Perciò cominciamo seriamente a chiederci quale sarà il futuro dei ragazzi italiani quando avranno a che fare con una concorrenza così qualificata e determinata.

E per interpretare come sarà il futuro dei nostri ragazzi, vale la pena di analizzare come vedo il futuro dell’Italia. Il Belpaese avrà tre teste. Una composta dalle imprese eccellenti (come quelle del food, della ceramica o del packaging), capaci di esportare in tutto il mondo, molto vitali e in grado di assorbire manodopera italiana di buon livello. Un’altra testa sarà improntata sull’economia del nero: grandi imprese con migliaia di operai che lavoreranno anche per 400 euro di stipendio in nero e con titolari che saranno stranieri perché noi italiani non avremo più la “buccia” di gestire realtà del genere. E con le forze dell’ordine che non andranno più a fare visita a queste imprese perché preferiranno che quella forza lavoro resti a lavorare in nero per quattro soldi piuttosto che vederla per strada a delinquere. E la terza testa sarà quella dell’Italia criminale che dilagherà sempre di più.

Il ragazzo italiano, di fronte a un tale contesto, cosa può fare?

Deve studiare seriamente materie scientifiche spendibili nel mercato del lavoro e magari emigrare; se emigra però deve studiare come un cinese, altrimenti all’estero non lo assume nessuno. In alternativa può imparare un mestiere pratico perché può essere commercializzato ovunque. Mi riferisco al cuoco (nessuno nel mondo dice no a un cuoco italiano), all’infermiere, all’idraulico o al pizzaiolo. Insomma, l’alternativa allo studio serio è imparare un mestiere concreto.

Cento anni fa noi siamo emigrati in America per fare i manovali ma oggi nessuno assume più un italiano per fare lavori umili perché ci sono altre nazionalità che lavorano per pochi soldi con uno spirito di sacrificio che noi non siamo più in grado di sostenere.

Mentre in Italia, per raggiungere i cinesi, si può investire in ricerca e sviluppo ma io ormai non credo più alle favole. Quarant’anni fa, quando ero all’università, dicevamo le stesse cose e non abbiamo mai fatto nulla per realizzarle e oggi abbiamo meno soldi di allora. Invece da noi è ancora possibile creare poli innovativi; ma vanno collegati con ecosistemi innovativi all’estero perché l’Italia ha perso massa critica per fare innovazione scientifica.

Soprattutto, per il bene dei nostri figli, credo sia importante invertire questo ciclo di illegalità e cominciare ad avviare un serio processo di controllo del territorio, altrimenti diventiamo davvero il Messico d’Europa.

La società italiana, avrà capacità la rinnovare secoli di condizionamenti e gestioni sbagliate? Un duro lavoro certamente, ma se non si accetta che c’è un problema da affrontare i guai sembrerebbero ancora più seri di quelli che l’economista Forchielli ci ha illustrato.

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