Inchiesta
di Cinzia Marchegiani
La Commissione Europea prova a ripristinare la natura. Ma chi l’ha uccisa?
Interessante la proprosta della Commissione europea al Parlamento europeo che chiede l’adozione di una nuova normativa, Nature Restoration Law, volta a ripristinare l’habitat naturale europeo.
Il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA) ci informa che la stessa Commissione europea stima che l’80% del patrimonio naturale dell’ UE versi in cattive condizioni, per questo gli stati membri, una volta che la normativa sarà stata adottata, saranno chiamati ad azioni di recupero degli ecosistemi anche con la finalità di combattere il cambiamento climatico e salvare molte specie dall’estinzione.
Ma la natura chi l’ha uccisa? La miopia politica e le non azioni reali e concrete che spesso dovevano tutelare le lobby della chimica? Vedesi scandalo EFSA (9*). Il semplice cittadino o le leggi che hanno permesso l’uso di determinati pesticidi nonostante fossero già note le loro proprietà?
SNPA spiega l’iniziativa ‘nel suo complesso, è in linea con quanto definito dalla
- Strategia europea sulla biodiversità
- Strategia europea “From Farm to Fork” tese a garantire la resilienza e la sicurezza della catena di approvvigionamento del cibo in Europa e nel mondo.’
La proposta di “legge” sul ripristino della natura fisserà obiettivi e obblighi di ripristino per un’ampia gamma di ecosistemi terrestri e marini. Gli ecosistemi con il maggior potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio e di prevenzione o riduzione dell’impatto di disastri naturali come le inondazioni saranno le principali priorità. Questa proposta della Commissione si basa sulla legislazione esistente, ma copre tutti gli ecosistemi anziché limitarsi alla Direttiva Habitat e alle aree protette di Natura 2000, con l’obiettivo di portare tutti gli ecosistemi naturali e seminaturali sulla via del recupero entro il 2030, prevedendo a questo scopo ingenti finanziamenti da parte dell’UE.
Il “processo di restauro” comprendenderà diverse azioni come il rewilding, che consiste nel rendere più selvagge alcune zone, piantare alberi, re-inverdire le città, costruire infrastrutture verdi e rimuovere l’inquinamento. Particolare attenzione dovrà essere dedicata a:
- le zone umide, che a partire dagli anni ’70 si sono ridotte in tutta Europa del 50%.
- le specie a rischio di estinzione come i pesci che hanno subito un declino del 71% e gli anfibi che si sono ridotti del 60%.
Più nello specifico, le misure previste dalla Commissione risultano essere:
- invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e aumentare il loro numero negli anni successivi
- fermare la perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030, prevedendo un aumento del 5% entro il 2050, garantendo un minimo del 10% di copertura arborea in ogni città, paese e sobborgo europeo e raggiungendo un guadagno netto di spazi verdi integrati agli edifici e alle infrastrutture
- aumentare in modo complessivo la biodiversità negli ecosistemi agricoli e forestali
- ripristinare e riumidificare le torbiere drenate con l’uso agricolo e nei siti di estrazione della torba
- ripristinare gli habitat marini
- rimuovere le barriere fluviali, in modo che almeno 25.000 km di fiumi siano a flusso libero entro il 2030.
Secondo la Commissione prendersi cura e sistemare della natura non è sufficiente, bisogna avviare politiche di rivitalizzazione in modo da rigenerare il 20% dell’habitat terrestre e marino entro il 2030 e prevedere obiettivi ancora più sfidanti ed ambiziosi per il 2050. Tutte le operazioni di “restauro” interesseranno la natura danneggiata sia in aree rurali che in ambienti urbani.
Nella sua proposta, la Commissione precisa come il ripristino della natura non equivale alla protezione della natura e non porta automaticamente a un aumento delle aree protette. Ciò significa che, sebbene il ripristino della natura sia necessario anche nelle aree protette a causa delle loro condizioni sempre più precarie, non tutte le aree ripristinate diventeranno aree protette. La maggior parte di esse non lo diventerà, poiché il restauro non preclude l’attività economica. Il ripristino consiste nel vivere e produrre insieme alla natura, riportando più biodiversità ovunque, anche nelle aree in cui si svolge l’attività economica, come ad esempio nelle foreste, sui terreni agricoli e nelle città.
Il restauro sarà in grado di avvantaggiare tutte le parti della società, sia coloro che dipendono direttamente da una natura sana per il loro sostentamento, come gli agricoltori, i silvicoltori e i pescatori ma anche la cittadinanza nel suo complesso, aumentando la presenza della natura nei nostri paesaggi e nella nostra vita quotidiana, ci saranno benefici dimostrabili per la salute e il benessere, oltre che vantaggi culturali e ricreativi.
La proposta della Commissione prevede inoltre che gli Stati membri adottino dei piani di ripristino nazionali, in stretta collaborazione con gli scienziati, le parti interessate e il pubblico, fornendo anche indicazioni specifiche sulla governance (monitoraggio, valutazione, pianificazione, rendicontazione e applicazione) in modo da migliorare la definizione delle politiche a livello nazionale ed europeo e assicurare che le autorità considerino insieme le questioni relative alla biodiversità, al clima ed ai mezzi di sussistenza.
Altro importante aspetto preso in considerazione dalla proposta normativa consiste nella previsione di ridurre l’uso e il rischio chimico dei pesticidi del 50% entro il 2030. Sappiamo infatti che i pesticidi chimici danneggiano la salute umana, causano il declino della biodiversità nelle aree agricole e contaminano l’aria, l’acqua e l’ambiente in generale.
Scienziati e cittadini sono sempre più preoccupati per l’uso dei pesticidi e per l’accumulo dei loro residui e metaboliti nell’ambiente. Nella relazione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa, i cittadini hanno chiesto specificamente di affrontare il tema dell’uso e del rischio dei pesticidi. Le attuali norme della Direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi si sono rivelate troppo deboli e sono state attuate in modo disomogeneo nei diversi paesi membri dell’UE. Inoltre, non sono stati compiuti progressi sufficienti nell’uso della gestione integrata dei parassiti e di approcci alternativi.
Le nuove norme sui pestici chimici previste dalla Commissione, quando saranno approvate, ridurranno l’impronta ambientale del sistema alimentare dell’UE, proteggeranno la salute e il benessere della cittadinanza e dei lavoratori agricoli e contribuiranno a mitigare le perdite economiche che stiamo già subendo a causa del declino della salute del suolo e della perdita di impollinatori causata dai pesticidi.
A questo proposito, la Commissione propone norme chiare e vincolanti.
- Obiettivi giuridicamente vincolanti a livello europeo e nazionale per ridurre del 50% l’uso e il rischio dei pesticidi chimici e l’uso dei pesticidi più pericolosi entro il 2030. Gli Stati membri fisseranno i propri obiettivi nazionali di riduzione in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi europei.
- Nuove regole rigorose per il controllo ecologico dei parassiti: Le nuove misure garantiranno che tutti gli agricoltori e gli altri utilizzatori professionali di pesticidi pratichino la gestione integrata dei parassiti (IPM), in cui i metodi alternativi di prevenzione e controllo dei parassiti vengono presi in considerazione per primi mentre i pesticidi chimici potranno essere utilizzati solo come ultima risorsa. Le misure comprendono anche l’obbligo di tenere registri per gli agricoltori e gli altri utilizzatori professionali.
- Divieto di utilizzo di tutti i pesticidi nelle aree sensibili. L’uso di tutti i pesticidi sarà vietato in luoghi come le aree verdi urbane, compresi i parchi pubblici o i giardini, i campi da gioco, le scuole, i campi ricreativi o sportivi, i sentieri pubblici e le aree protette in conformità con Natura 2000 e qualsiasi area ecologicamente sensibile da preservare per gli impollinatori minacciati.
SNPA CONCLUDE:
“La proposta vorrebbe trasformare la direttiva esistente in materia di pesticidi in un regolamento direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. In questo modo si supererebbero i problemi emersi nell’ultimo decennio e connessi ad un’attuazione debole e disomogenea delle norme previste a livello europeo.
Ora la proposta della Commissione dovrà essere discussa dal Parlamento europeo e dal Consiglio, come previsto dalla procedura legislativa ordinaria.
Dopo l’adozione, l’impatto sul territorio dei singoli paesi membri sarà graduale: le misure di ripristino della natura dovranno essere attuate entro il 2030 come gli obiettivi relativi alla riduzione dell’uso dei pesticidi”.
Ma chi ha permesso l’uso dei pesticidi se non lo stesso parlamento europeo che ha rimandato scelte importanti a tutela non solo dell’ambiente ma anche della tutela delle nuove generazioni che sono letteralmente sotto attacco di queste sostanze chimiche già in fase fetale? Perchè non si è agito con la visione del fututo? Perchè arrivare quando la natura, e l’uomo hanno subito un grave danno e ora si chiede un restauro, addirittura un ripristino di zone importanti per gli ecosistemi.
Non sono bastate tutte le denunce di importanti scienziati e associazioni che si battono da sempre contro l’uso di queste sostanze che hanno messo, senza se e senza ma, a repentaglio la fauna e la flora, l’acqua e il benessere degli umani, soprattutto le nuove generazioni. Ora si corre ai ripari. E speriamo in fretta!
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La natura ha i suoi tempi. Per rimediare, per guarire. Speriamo che non sia il solito annuncio. Ce lo chiedono anche i bambini e quelli che dovranno ancora nascere.
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