di Cinzia Marchegiani
L’inchiesta partita in Reggio Emilia sul presunto giro di affidi illeciti di minori nei comuni della Val d’Enza ha indignato e devastato le coscienze di molte persone e ha dato voce a molte famiglie a cui sono stati sottratti figli in modo inappropriato. Vite spesso distrutte da sentenze kafkiane che hanno lacerando certezze, legami speciali e compromesso in modo indelebile il benessere di piccoli bambini, ora molti sono adolescenti.
IL FATTO. Il Tribunale dei Minori di Bologna sta riesaminando una quarantina di 40 casi. Una bambina oggi ricontrerà i suoi genitori naturali. Un primo passo per ritornare in famiglia per lei. Al padre aveva scritto una lettera commovente in cui confessava di piangere spesso di sentire la mancanza dei genitori, lettera opportunamente nascosta però dagli assitenti sociali della Val d’Enza. La bambina era stata affidata tre anni fa ad una coppia omosessuale che l’avrebbe anche maltrattata, così il TG Emilia Romagna informa.
IL GURU CLAUDIO FOTI ORA INDAGATO, REATO IPOTIZZATO “MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA”. Al centro dell’indagine vi è la onlus Hansel e Gretel, diretta dallo psicoterapeuta Claudio Foti. Pochi giorni fa l’attenzione pubblica era tornata sull’inchiesta Angeli e Demoni dove Claudio Foti lo psicoterapeuta fondatore di Hansel e Gretel di Torino arrestato e poi scarcerato sul sistema sugli affidi dei minori, è stato di nuovo indagato. Il reato ipotizzato è “MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA”. Emergerebbero nuovi particolari. Un fascicolo che il sostituto procuratore Valentina Salvi ha trasmesso alla Procura di Torino dopo che i Carabinieri di Reggio Emilia hanno intercettato la moglie, Nadia Bolognini (anche lei finita ai domiciliari in questo filone di inchiesta) e ne hanno raccolto gli sfoghi avuti con le amiche (durante la fase di separazione dallo stesso marito) alle quali spiegava che il marito (FOTI NdR) spaccava i piatti per terra e cospargeva l’appartamento con gli escrementi dei cani “…e poi ci presentiamo ai convegni come difensori di donne e bambini” commentava in un’altra telefonata amareggiata la Bolognini.
IL POTERE DI ASSISTENTI SOCIALI E PSICOLOGI, MA L’AUTORITÀ GIUDIZIARIA? Leggendo molte storie dei casi emersi da questa inchiesta molto spesso emerge il ruolo forte e quasi intoccabile degli assitenti sociali. In merito abbiamo avuto modo di leggere una importante riflessione a riguardo del dottor Marco Pingitore, certamente degna di nota e solleva importanti moniti. FreedomPress.it lascia ai suoi lettori questo approfondimento.
MARCO PINGITORE, PSICOLOGO-PSICOTERAPEUTA E CRIMINOLOGO SULLO SCANDALO BIBBIANO: “MENO POTERE AGLI PSICOLOGI, MEDICI E ASSITENTI SOCIALI E PIÙ ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DA PARTE DELL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA”
Marco Pingitore – Psicologo-Psicoterapeuta, Criminologo – già Consulente Criminologo presso il Centro Giustizia Minorile di Catanzaro, Docente IX Corso di formazione per Vice Ispettori della Polizia di Stato (Modulo: Criminologia), Docente Master II livello “Psicopatologia e neuropsicologia forense” Università degli studi di Padova ; Componente del Gruppo di Lavoro di “Psicologia Forense” presso il CNOP Consiglio Nazionale Ordine Psicologi e Docente ASCOC Accademia di Scienze Cognitivo Comportamentali di Calabria – in una analisi lucida, aiuta a comprendere i paradossi emersi in queste storie di affidi e spesso adozioni, spiegando che
“In psicoterapia (ambito clinico) non possono essere accertati fatti giudiziari. Lo psicologo-psicoterapeuta o il medico-psicoterapeuta non valuta la veridicità dei fatti, la loro credibilità, ma lavora clinicamente sui vissuti del bambino eventualmente legati a quei fatti. Ma che quei fatti siano veri o falsi, non lo decide lo psicologo. L’ambito clinico non è un contesto giudiziario e non può rappresentare lo spazio in cui indagare o accertare presunti abusi sessuali”.
Soprattutto il dottor Pingitore solleva un importante quesito, nel caso di infondati reati a carico dei genitori a cui hanno allontanato i figli: “L’Autorità Giudiziaria, successivamente, assolve i genitori dall’accusa: non c’è stato alcun maltrattamento. A questo punto, che si fa? Chi lo dice al bambino?
Lasciamo ai nostri lettori l’intervento integrale del dottor Marco Pingitore:
“Sto leggendo numerosi articoli sulla nota vicenda dell’inchiesta di Bibbiano riguardante i presunti affidi illeciti di bambini.
Oggi leggo questa intervista su Corriere.it e rimango sconcertato:
Perché regali e lettere dei genitori non sono mai stati consegnati ai bimbi?
«Bisogna innanzitutto entrare nella testa di uno psicoterapeuta che è assolutamente convinto che un bimbo abbia davvero subito un abuso. Allora si spiega il muro invalicabile con cui i servizi sociali di Bibbiano hanno impedito ogni forma di contatto tra genitori naturali e figli dati in affido». La riflessione arriva da una psicoterapeuta bolognese con almeno trent’anni di esperienza nel campo della tutela dei minori. Precisa: «Non ho letto le carte dell’inchiesta. Posso dire però che se un operatore ritiene che un bimbo ha subito un abuso deve cercare in tutti i modi di chiudere quella porta sempre aperta del rapporto con l’autore della violenza. Di cui magari il bimbo non si rende conto. Per questo si decide di troncare il rapporto con il familiare».Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Il contesto clinico è ben differente da quello forense.
In psicoterapia (ambito clinico) non possono essere accertati fatti giudiziari. Lo psicologo-psicoterapeuta o il medico-psicoterapeuta non valuta la veridicità dei fatti, la loro credibilità, ma lavora clinicamente sui vissuti del bambino eventualmente legati a quei fatti. Ma che quei fatti siano veri o falsi, non lo decide lo psicologo.
L’ambito clinico non è un contesto giudiziario e non può rappresentare lo spazio in cui indagare o accertare presunti abusi sessuali.In ambito forense, invece, lo psicologo è nominato d’Ufficio solo ed esclusivamente per tre mansioni:
– in qualità di esperto per raccogliere le sommarie informazioni testimoniali del bambino
– in qualità di esperto per raccogliere le dichiarazioni testimoniali in incidente probatorio o dibattimento
– in qualità di perito per effettuare la valutazione sulla capacità a testimoniare del bambino.In tutti e tre i casi (ambito forense) non può in nessun modo esprimersi sulla veridicità dei fatti, la loro compatibilità con presunti stati di disagio psicologico, la credibilità delle dichiarazioni.
L’Autorità Giudiziaria è l’unica preposta a stabilire se un abuso sessuale si è verificato o meno.Inoltre, lo psicologo-psicoterapeuta non può indagare o accertare presunti abusi sessuali non solo perché il contesto clinico e forense non glielo permettono, ma per un’altra semplice ragione: non ne ha le competenze.
Lo psicologo, sia in ambito clinico sia in ambito forense, non può assumere il ruolo di investigatore né può ricevere una delega esplicita/implicita dall’Autorità Giudiziaria di validare le dichiarazioni dei bambini sui presunti fatti oggetto d’indagine.Ritornando all’intervista:
«Bisogna innanzitutto entrare nella testa di uno psicoterapeuta che è assolutamente convinto che un bimbo abbia davvero subito un abuso. Allora si spiega il muro invalicabile con cui i servizi sociali di Bibbiano hanno impedito ogni forma di contatto tra genitori naturali e figli dati in affido»
In che contesto ci troviamo, clinico o forense? In entrambi, lo psicologo-psicoterapeuta può farsi un’idea se l’abuso c’è stato o non c’è stato, è normale. Ma non è “normale” se esplicita la sua idea da un punto di vista professionale. Ripetita iuvant: non è compito dello psicologo, in nessun contesto, esprimersi sulla verità dei fatti o sulla loro credibilità.
«Non ho letto le carte dell’inchiesta. Posso dire però che se un operatore ritiene che un bimbo ha subito un abuso deve cercare in tutti i modi di chiudere quella porta sempre aperta del rapporto con l’autore della violenza. Di cui magari il bimbo non si rende conto. Per questo si decide di troncare il rapporto con il familiare»
L’operatore (psicologo, educatore, assistente sociale ecc.) devono attenersi alle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria. Inquietante l’espressione “deve cercare in tutti i modi di chiudere quella porta sempre aperta con l’autore della violenza“. Davvero inquietante: “deve cercare in tutti i modi“. Quali sono questi modi?
Inoltre, fino alla condanna, si deve parlare di presunta violenza.Il rischio concreto è anche il seguente: immaginiamo che gli operatori (quali?) trattino un caso di presunto maltrattamento come realmente accaduto ancor prima della condanna. Il bambino viene allontanato, dato in affidamento e mandato in psicoterapia per curarsi.
L’Autorità Giudiziaria, successivamente, assolve i genitori dall’accusa: non c’è stato alcun maltrattamento. A questo punto, che si fa? Chi lo dice al bambino?E’ giusto attivare ordini di protezione in caso di sospetti abusi/maltrattamenti, ma è necessaria tanta cautela. In ogni caso, gli operatori, nessuno di loro, può essere delegato dall’Autorità Giudiziaria a verificare l’esistenza o meno dei presunti fatti. E nessuno di loro, autonomamente, può assumere decisioni o esprimersi sui fatti.”
Conclude il dottor Pingitore con un suggerimento sicuramente rivolto ai legislatori che devono mettere mano a nuove regole e direttive affinché queste storie e drammi devastanti possano essere un male non più giustificato:
“Meno potere agli psicologi, medici e assistenti sociali e più assunzione di responsabilità da parte dell’Autorità Giudiziaria.”
Il dottor Marco Pingitore, Psicologo-Psicoterapeuta e Criminologo sottolinea: “Lo psicologo-psicoterapeuta non può indagare o accertare presunti abusi sessuali non solo perché il contesto clinico e forense non glielo permettono, ma per un’altra semplice ragione: non ne ha le competenze.”
AGGIORNAMENTO: Claudio Foti è stato assolto in appello dalle accuse di abuso d’ufficio (“per non avere commesso il fatto”) e lesioni gravissime (“perché il fatto non sussiste”). Foti e l’associazione erano finiti nelle carte giudiziarie per la vicenda dei presunti affidi illeciti di minori in provincia di Reggio Emilia (tra cui i casi Bibbiano). La sentenza è stata pronunciata il 6 giugno 2023, dalla corte d’appello di Bologna ribaltando la condanna a quattro anni che gli era stata inflitta in primo grado. Foti si era sempre professato innocente.
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