di Daniel Prosperi
Il Regime della Disinformazione o la Disinformazione di Regime… a voi l’attenta analisi.
1) Pyongyang non è il nome del dittatore coreano, ma la Capitale della Corea del Nord. Lui si chiama Kim Jong-Un ed è più facile scriverlo rispetto al nome di quella cazzo di città .
2) Ad Ostia come a Roma e in tutta la penisola, la mafia esiste dagli anni ’50. Il merito calabro-siciliano di questa appellante identificazione nel mondo lo si deve ad una questione cronistorica di fine ‘800, quando il fenomeno del brigantaggio e della pirateria nei mari del Mediterraneo (no, non c’erano i Marò) era tramutato in qualcosa di più strutturato che, per colpa del fascismo, si trasferì oltreoceano per la sua fondazione, favorita dalle stesse OG (organizzazioni governative) che mangiavano sui viaggi di povera gente in cerca di un’America che non esisteva e non esiste.
3) Gli estremisti, senza ideologica contrapposizione, non puzzano di fogna (magari, significherebbe che almeno, le fogne, esistano ma invece meno della metà delle case in Italia non ha impianti a norma) ma odorano di sangue, quello degli innocenti e dei colpevoli della storia. Chi fa l’acculturato, dovrebbe saperlo. Dare anche del “fascisti!” agli impresentabili di Musumeci, è segno di ignoranza: i fascisti rubavano il pensiero libero e venivano “drogati” da una falsa idea di vittoria mutilata, non rubavano i soldi né vendevano droga, al tempo.
Gli estremisti che usano la destra e la sinistra a proprio appagamento della loro natura personale e criminale, fanno solo un danno ai cittadini. Non si lotta contro le persone comuni per rivendicare diritti, ma contro le persone che eleggiamo, qualora ci permettessero di farlo, o che ci troviamo collocate da qualche segretario di (S)partito.
4) Tra due anni, ricorrerà il trentennale dall’abbattimento del muro di Berlino, mentre negli USA avranno completato l’operazione maquillage di quello esistente con il confine messicano.
Il muro più spesso e difficile da distruggere è la pelle, dietro la quale risiede un cuore rosso, identico per tutti. Anche per chi, a 14 anni, invece di giocare con l’iPhone, arriva morto su una barca, insieme ad altre 25 donne. Un cuore che abbiamo dimenticato di avere. Non leggetelo come mero buonismo sul quale dobbiamo difendere gli indifendibili animali che stuprano, di qualsiasi cittadinanza: sono due persone ben distinte, il povero e lo stronzo.
5) Matteo Salvini, personaggio che non ha trovato nel ’96 spazio al locale Derby di Milano, si è gettato a capofitto in quel monologo unilaterale applaudito come nei programmi TV quando c’è l’aiuto regista che dice di battere le mani, su qualsiasi banalità affermi.
Il problema non è lui, ma chi perdura nell’anti-qualcosa, alla stregua della Sinistra con l’anti-berlusconismo: si da ancora più vigore al nulla, anzi all’odio, anzi alla violenza. Ma non si scalfisce l’immediato potere che ha il problema che si contesta, soltanto, a parole. O con altra violenza.
6) I 33 milioni di euro che abbiamo donato ai terremotati giacciono su un conto bancario intestato alla Protezione Civile, di cui può disporre solamente il Capo del Dipartimento di Protezione Civile, ovvero l’unico con potere di firma è il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore. Ma forse, questo, non lo sanno nemmeno i parlamentari e non lo sa nemmeno Gentiloni.
7) Le molestie in una camera d’albergo o su un set cinematografico esistono da quando esiste il cinema. Ingiustificabili, ma incontestate da nessuno fino ad oggi.
La pubblicità generata dalla macchina del fango e della merda è altrettanto ingiustificabile per le migliaia di persone che ogni anno subiscono, in silenzio, stupri. E lo stupro è l’atto materiale senza alcuna promessa. Non è un “Do ut Des” che fa leva sull’ingenuità o la paura di scegliere di dire “NO” bloccando la carriera.
Lo stupro è violenza allo stato puro, è violenza allo Stato. Le donne violentate sono morte, le donne molestate per uno scambio sono tornate sotto i riflettori. Per fortuna, su questo, la contemporaneità ha fatto scemare le sceme in poche settimane.
8. La giustizia italiana non segue princìpi di giustezza, è appurato. Ma la legalità esiste. Le leggi ci sono, ma non vengono applicate. Mancano le persone perbene, non le norme, forse anche troppe. Però anche le persone “per pene” sono tante e non si fa mai giorno.
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