di Mario Galli
L’8 giugno si terranno le elezioni politiche. Qui vengono chiamate “general elections” e possiamo tradurlo letteralmente con “elezioni generali”. Gli ultimi risultati dei sondaggisti danno in vantaggio i Conservatori (Tories) ed il tema principale di questa campagna elettorale è il lavoro. Come del resto lo è stato in tutte le ultime elezioni che si sono tenute nel vecchio continente. Anche la Gran Bretagna non è esente da problemi legati all’economia ed alla disoccupazione.
I sondaggi, molto più qui che altrove, sono un elemento cruciale del destino elettorale. Molti sondaggisti hanno acquisito una cattiva reputazione a seguito dei grossolani errori commessi nel rilevamento delle opinioni riguardo la Brexit e le elezioni del 2015, nelle quali non avevano previsto una vittoria del partito Conservatore.
Poiché dunque la campagna elettorale si svolge da più di cinquanta giorni, gli occhi di migliaia di strateghi, politici e dell’opinione pubblica sono sui sondaggi.
Ma nel loro insieme, i sondaggi consegnano una lettura interessante, illustrando l’arduo compito che spetta al partito Laburista.
Il partito dei Tories (conservatori) ha attualmente la maggioranza dei seggi, per questo Theresa May ha scioccato il Paese quando ha annunciato la sua intenzione di tenere elezioni anticipate l’8 giugno. Ricordiamo che Theresa May è diventata premier (qui il Presidente del Consiglio dei Ministri si chiama così, mentre da noi è sbagliato) a seguito delle dimissioni del premier eletto James Cameron a seguito del referendum sulla Brexit, perso dallo stesso Cameron che sosteneva il “remain” contro il “leave”.
In Gran Bretagna la politica funziona in modo diverso che in Italia. Qui il candidato premier è scelto dal congresso del partito. Il partito che ottiene la maggioranza governa (sistema elettorale maggioritario secco). Ma se il premier viene sfiduciato o si dimette, il partito di maggioranza ha il dovere di nominarne un altro. Coerenza vuole che il nuovo nominato governi per poco tempo e poi proceda ad indire nuove elezioni. Gran parte del funzionamento della politica britannica non è regolato da leggi o leggine, ma proviene da usi e costumi tramandati nel tempo e che partono dalla Magna Cartha del XIII secolo, la prima forma di costituzione al mondo, con la quale al monarca veniva garantita la supremazia sugli altri feudatari a patto di rinunciare ad alcune prerogative e privilegi.
Da qui nacquero le due fazioni politiche. Da un lato i Wighs, difensori del Parlamento, poi in seguito dei protestanti ma contro la monarchia e la chiesa anglicana; dall’altro lato i Tories, sostenitori della monarchia e dei diritti dei proprietari terrieri.
Successivamente la storia e la filosofia hanno permeato nel tempo le ideologie di questi due gruppi. Nazionalismo, liberal-conservatorismo e liberismo per i conservatori. Radicalismo e socio-liberalismo per i laburisti.
Tutti i bookmakers più importanti danno i Tories pesantemente in vantaggio per vincere sia la maggioranza dei seggi che la maggioranza assoluta. Le probabilità di Jeremy Corbyn, leader del partito laburista, vengono date a 1/5. Corbyn si definisce socialista. Egli definisce insostenibile l’austerity europea ed è sostenitore della nazionalizzazione dei servizi pubblici come ferrovie, poste ed energia. Mentre Theresa May, leader conservatore, è stata flebilmente sostenitrice del “remain”; occorrerà valutare quanto inciderà, sulle elezioni britanniche, l’onda della Brexit. Quest’ultima ha anche riacceso le spinte indipendentiste scozzesi. Ricordiamo che la Scozia ha votato in maggioranza per restare in Europa, ma soprattutto ha ricchi giacimenti petroliferi.
Rimane un ultimo tassello per valutare queste elezioni, ovvero quanto influirà l’attentato di Manchester. È dalle elezioni in Spagna nel 2004, passando per le ultime elezioni in Francia che alcune tornate elettorali sono macchiate da attentati terroristici. I teorici della cospirazione potrebbero sostenere che non sia un caso. Andrebbe data una risposta alla domanda cui prodest?