di Mario Galli
Se avete un attimo di pazienza e se vi interessa, cercherei di spiegarvi cosa sta accadendo in Francia. Prima di tutto, però, vediamo perché ci interessa: come molti sanno, in Francia sono presenti numerose centrali nucleari al confine con l’Italia; inoltre la Francia è nostro competitor economico in molti settori agro alimentari; la spina dorsale delle infrastrutture logistiche di comunicazione italiane sono in mano francese (Telecom) ed altro ancora.
Vediamo dunque di capirci un po’ di più.
Il dilemma della sinistra francese: votare per Macron o per Le Pen?
All’interno dei circoli di attivisti di sinistra francesi (riformista o rivoluzionaria), la questione sembra apparentemente risolta molto tempo fa. Se alcuni voteranno Macron per bloccare Le Pen, la stragrande maggioranza non voterà per Macron. All’interno del popolo della sinistra non militante la questione divide ancora. Molte persone esitano tra il consegnare scheda bianca, invalidare il voto, astenersi o votare per Macron.
Effettivamente, a cosa sarebbe servito manifestare per mesi contro la legge sul lavoro per poi depositare nelle urne un voto a favore di chi l’ha ispirata? A cosa sarebbe servito manifestare per mesi contro la politica economica di Hollande per poi dare il voto al suo ministro dell’economia, Macron?
Ovviamente, in queste circostanze, la domanda è legittima.
Per la seconda volta in quindici anni, l’estrema destra (il Fronte Nazionale di Marine Le Pen) arriva al secondo turno delle elezioni presidenziali in Francia. Nel 2002, Jean Marie Le Pen (il padre di Marine) ottenne 4,8 milioni di voti al primo turno e 5,5 milioni nel secondo. Quest’anno, Marine Le Pen ha ottenuto 7,6 milioni di voti al primo turno e aveva già battuto il record storico del padre al primo turno nel 2012 con 6 milioni di voti. Inesorabilmente, il Fronte Nazionale conquista centinaia di migliaia di voti anno dopo anno.
Nella sinistra francese, ma in tutti i polverizzati movimenti di sinistra in Europa, questa situazione è allarmante e spinge milioni di elettori (di destra e di sinistra) a votare per il “meno peggio”, per il “fronte repubblicano”, onde evitare che il Fronte Nazionale salga al potere. Questa reazione è comprensibile, ma dovrebbe, ad un certo punto, essere contrastata.
Il carburante del Fronte Nazionale è il fronte repubblicano stesso
Se osserviamo le politiche dei vari governi francesi dal 2002 ad oggi e la strategia sistematica del fronte repubblicano, si osserva che, mentre questo criterio impedisce, per il momento, al Fronte Nazionale di andare al potere, contemporaneamente non impedisce al Fronte Nazionale di crescere a poco a poco, elezione dopo elezione, municipio dopo municipio, seggio dopo seggio, deputati, senatori, consiglieri comunali, dipartimentali, regionali e soprattutto di imporre le sue idee nel dibattito pubblico.
Per esempio Sarkozy nel 2007 e nel 2012 riuscì a recuperare voti al Fronte Nazionale facendo sue alcune tesi, ma i governi successivi hanno saputo solamente banalizzare le idee del Fronte Nazionale ed il Fronte Nazionale stesso.
Così, la progressiva normalizzazione delle idee del Fronte Nazionale consente a questo partito di imporsi gradualmente nel dibattito pubblico e nel panorama politico fino al punto che oggi è diventato uno delle principali forze politiche; in tal modo, ponendo l’elettore francese di fronte alla scelta del “voto utile” per bloccare il Fronte Nazionale, si danno argomenti al Fronte Nazionale stesso per perseguitare e legittimare governi che per la loro politica, contribuiscono ad aumentare la forza elettorale del Fronte Nazionale.
Lo so che sembra un arzigogolato flusso di pensieri, ma abbiate la pazienza di seguirmi e vi cercherò di svelare alcuni retroscena politici.
La democrazia rappresentativa, un sistema senza fiato che sta perdendo legittimità
Tuttavia, puntare il dito sull’assurdità e l’inefficienza della strategia del fronte repubblicano per affermare un rifiuto di votare Macron, non basta.
Il rifiuto di molti francesi di votare Macron deriva anche dal fatto, grave a mio avviso, che in Francia non si stia dando molto più credito al sistema della democrazia rappresentativa. Di fatto, i media e l’industria dei sondaggi spingono l’elettorato a trincerarsi nel “voto utile”, utilizzando sempre lo spauracchio del Fronte Nazionale, il partito dell’odio, come viene definito.
La democrazia rappresentativa, che chiede una volta ogni cinque anni a milioni di persone di votare per qualcuno che sarà il loro presidente, non di più legittimità. I principali candidati sono tutti della stessa estrazione sociale ed i più piccoli politicamente, come Jean Lassalle, Philippe Poutou e Nathalie Arthaud, sono tenuti nascosti dai media e presentati immediatamente come candidati minori quando non addirittura descritti come pericolosi.
Accade un po’ ovunque: quando un candidato si propone di cambiare alcune cose del sistema, viene immediatamente demonizzato e trasformato nel nemico pubblico numero uno dai media ben prima che lo diventi lo spauracchio tradizionale (che in Francia è il Fronte Nazionale). Fronte Nazionale che in realtà serve proprio da “guardia folle” della politica francese. Così, Jean-Luc Mélenchon, che certamente è tutt’altro che rivoluzionario e che era considerato un comunista pazzo pericoloso, un amico dei dittatori, si è confrontato più volte con Marine le Pen al punto che ha finito per perdere, nonostante percentuali di tutto rispetto per un candidato demonizzato come lui. Ma demonizzare un candidato non è sufficiente per i mass media come Le Monde, Libération, TF1, BFM TV, Cnews ed altri.
No, questi media, tutti tenuti da multi-miliardari di cui vi ho già raccontato dei più in vista (Bouygues a TF1, Bolloré per Cnews, Bergé, Niel e Pigasse per Le Monde, Drahi e Weill per Libération e BFM TV) devono scegliere un candidato, il loro candidato. Così, quando non cercano di ritrarre Poutou come un pazzo sindacalista che vuole uccidere i “padroni”, Arthaud come feroce trostkysta che vuole riaprire i gulag o Mélenchon come un nostalgico di Stalin, i media mainstream prendono il tempo di presentare Macron come unico candidato con un programma coerente, come il candidato della modernità, della dinamicità, come colui che incarna il rinnovamento. Con un marketing ben oliato, si arriva a vendere un candidato ultra-liberista, che cioè sostiene la vecchia dottrina economica del 18° secolo; uno che è stato per lungo tempo all’interno dei gangli del potere, dalla banca Rothschild al Ministero dell’Economia, attraverso l’ispettorato di Finanza, la commissione Attali ed il segretariato dell’Eliseo. Basta fare qualche ricerca veloce per trovare quanto, i grandi magnati della stampa, supportino questo candidato, da Bernard Arnault a Vincent Bolloré, da Xavier Niel a Pierre Bergé, da Matthieu Pigasse a Patrick Drahi, tutti supportano Emmanuel Macron.
Con un marketing così ben oliato, si può arrivare addirittura a rigettare la politica economica di Hollande, ma a votare per il suo Ministro dell’Economia. Con un marketing ben olitato, si può costruire la verginità di un ultra liberale al di fuori delle divisioni destra a sinistra. Con un marketing ben oliato riusciamo a passare dal vecchio al moderno; con un marketing ben oliato i francesi potranno dimenticare i fallimenti della politica economica di Macron ed i pericoli per i diritti dei lavoratori a beneficio dell’ispiratore di queste leggi e di queste misure.
Con un marketing ben oliato, si può riuscire a divinizzare la franchezza di un candidato “senza gergo”, che può parlare per ore senza dire nulla, come ad esempio “Vorrei un presidente che presieda ed un governo che governi ” (discorso di Bercy).
Capitalismo e fascismo, due facce della stessa moneta
Eppure la storia ci ha insegnato che il capitalismo e il fascismo sono solo due facce della stessa medaglia, si alimentano a vicenda e si rafforzano l’un l’altro. Così, quando si è trattato di combattere le forze della sinistra in Spagna, Francia, Italia, Germania, Russia o in Messico, i fascisti e i capitalisti sono sempre stati i migliori alleati del mondo. Come ad esempio Stati Uniti e Turchia si allearono per la lotta contro i rivoluzionari del YPG / YPJ ed il Battaglione di Liberazione Internazionale che avevano già liberato dall’ISIS tutta la Siria settentrionale, con grande costernazione della Turchia.
Un voto per Macron oggi non solo legittima la sua politica ultra liberista per i prossimi cinque anni, ma stende anche un tappeto rosso per Marine Le Pen nel 2022, o anche prima.
È vero, Le Pen è il candidato di odio, è il candidato del sessismo, del razzismo, della xenofobia, dell’islamofobia, dell’antisemitismo, etc. Ma per quanto riguarda Macron? Non è forse anche lui un candidato dell’odio? L’odio per le classi subalterne.
Il voto a Macron: la negazione delle battaglie del passato e del futuro
Milioni di persone in Francia hanno criticato legittimamente il bilancio di governo di François Hollande, in milioni hanno manifestato contro la sua politica, in particolare economica. All’epoca, il suo ministro dell’economia era Emmanuel Macron. Quest’uomo, Emmanuel Macron, è entrato al governo nel 2014. Se la politica di Hollande e Valls non gli piaceva, poteva dimettersi. È rimasto in sella solo per correre per la presidenza e non per sfidare le politiche del governo, poiché egli le condivide e vuole andare ancora oltre. Possibile? Eppure si presenta come un candidato di rottura con il passato, direte voi, ma egli non solo non si è opposto alla legge sul lavoro, ma non si è opposto nemmeno alle repressioni delle manifestazioni; non si è opposto allo stato permanente di emergenza ed ai suoi eccessi; non si è opposto alla legge sull’informazione e nel suoi programma promette di andare oltre.
È anche un accanito sostenitore di alcune idee di estrema destra sulla sicurezza. Prendendo spunto sempre dalle idee del Fronte Nazionale, che presto scomparirà, perché gli altri candidati e partiti applicano il suo programma in nome di questa famosa lotta contro l’estrema destra e per conto del fronte repubblicano.
Non a caso il ricatto del voto a Macron è sostenuto dallo spauracchio del Fronte Nazionale: è la scelta del capitalismo contro il fascismo, quando il capitalismo è il combustibile del fascismo ed il fascismo è il combustibile del capitalismo.
In Francia è un sistema che funziona. Lo spauracchio dell’odio e del fascismo tende a compattare centri di potere, media ed opinione pubblica sull’uomo della provvidenza che, di fatto, si rivela poi l’uomo delle corporazioni finanziarie apolide ed oligarchiche. Macron riuscirà laddove Hollande si è fermato, questo è certo. Cosa ne dobbiamo imparare in Italia? Scenderei in polemiche di bassa lega che, per il momento, lascio al lettore immaginare. Cambiate posizione agli addendi ed otterrete da soli il risultato.