di Cinzia Marchegiani
Santa Catarina (Brasile) – 10 PALLONI E UN TOCCO DI PAZZIA. Questo è la sintesi  e il titolo di una riflessione, una lettera che ha viaggiato oltreoceano. La foto sfocata, quei piedini nudi del bambino che gioca con il pallone nuovo di zecca in mano sussurrano emozioni ancenstrali quelle che molti di noi hanno perduto o forse dimenticato. Questa lettera sono certa che aiuterà molti di voi, come ha fatto con me, che ogni tanto perdo il senso di questa vita. Grazie Daniela.
LA PALLAVOLO. Ogni volta che penso a questo sport, penso a quanto mi abbia insegnato. Grinta, forza, coraggio, gruppo, amicizia, rispetto. Ma soprattutto mi ha tolto dalla strada.
Per 20 anni ho sempre giocato,anche dopo aver partorito di Veronica, ricominciai.
Una pazza… ancora allattavo ed ero già in campo… con Alberto fu diverso, ero spesso in ospedale con lui, ero depressa, la storia della sua eventuale malattia, quasi non riuscivo ad affrontarla. Nel frattempo la notizia di mia nipote che diventò sorda. Avevo come la sensazione di non uscirne più fuori,  dovevo fare qualcosa. Panico ansia e depressione mi stavano annientando.
Una mattina mentre correvo nel parco delle case popolari della mia città , vidi una trentina di bambini correre nel prato dietro un pallone. Lì mi venne l’idea. Dovevo togliere quei ragazzi dalla strada e nel giro di due anni presi due brevetti da allenatrice, feci un corso privato per imparare il linguaggio dei segni e mi specializzai per insegnare lo sport ai diversamente abili. Presentai il progetto al comune, e attraverso una società sportiva riuscimmo a portare quei ragazzi nella palestra a costo zero. Erano più di 40 bambini divisi in due gruppi, mi piaceva l’idea che i genitori assistessero alle lezioni, perché gli ultimi dieci minuti, li riunivo a terra in cerchio e gli insegnavo il linguaggio dei segni.
Ricordo ancora con tanto affetto una bambina di 7 anni, era sempre triste, non le riusciva il palleggio. Dopo poco tempo, un giorno corse verso di me e col sorriso negli occhi mi disse di esserci riuscita, poi mi disse: “Maestra, ora puoi insegnarmi a dire ‘mamma ti amo’ con i segni, così lei mi dal cielo mi vede?
Mi abbracciò e pianse. Stavo facendo qualcosa di grande per quei ragazzi, stavo lasciando a loro una buon segno. Ogni volta che uscivo dalla palestra con i 10 palloni nella sacca che tenevo sulle spalle, sorridevo, pensavo a come ero ridotta due anni prima, piena di paure, fragilità , e quanto di questa esperienza negativa, io ne avessi fatto il mio più grande tesoro. Avevo annientato tutti i miei mali portando del bene a chi ne aveva bisogno, poi col tempo, molte cose cambiarono.
Oggi mi trovo qui, dall’altra parte del mondo.. qui dove tanti bambini corrono a piedi nudi dietro un pallone.
Domenica è stata organizzata una giornata per i ragazzi, è stato più forte di me,  ho comprato i 10 palloni gialli, e quel tocco di Pazzia.
Gialli perché mi piace far loro immaginare di avere il sole tra le mani, quel tesoro che li divide tra mani e cielo. Erano quasi tutti a piedi nudi presi i miei figli e tolsi le scarpe anche a loro.
TUTTI ERANO UGUALI A TUTTI
Ridevano come pazzi nel sentirmi parlare male il portoghese. Palloni che volavano ovunque, sorrisi, sorrisi……. sorrisi……
Credo che il più grande sorriso era di nuovo il mio, con 10 palloni avevo reso felici tutti quei ragazzi. Non volevo raccontarla sta storia, oggi va di moda dire che il bene si fa in silenzio… poi ho pensato che il mio non è fare del bene, la mia è Pazzia. Il mio è un voler comunicare a tutti che davvero possiamo trasformarle in azioni le nostre volontà .
Il mio VORREI FARE l’ho trasformato in l’HO FATTO… E bisogna essere dei pazzi, senza pensare ai giudizi della gente, senza i duemila MA E PERCHÈ… noi, e la nostra voglia di fare.
Ho reso il periodo della mia vita più triste nel più importante in assoluto….
io, I MIEI 10 PALLONI E IL MIO TOCCO DI PAZZIA.