di Cinzia Marchegiani
Torino, 25 marzo 2020 – In questa emergenza Coronavirus si è parlato molto di prevenzione soprattutto da attuare con gli integratori ma in modo particolare con una corretta alimentazione, insomma gli stili di vita sono importanti per affrontare al meglio qualsiasi malattia.
Molti sono intervenuti a sedare le notizie lanciate sul ruolo della vitamina D, forse per non lanciare false illusione su trattamenti fai da te, ma di fatto poche persone hanno una valutazione del loro stato di salute, e cioè tramite il dosaggio della 25-OH-D3 che riveste un ruolo essenziale nel monitoraggio dei pazienti che presentano disturbi del metabolismo del calcio associati a rachitismo, ipocalcemia, gravidanza, osteodistrofia nutrizionale e renale, ipoparatiroidismo, osteoporosi nella postmenopausa.
La previtamina D3, principalmente di origine alimentare, subisce una fotosintesi a livello della pelle regolata dall’esposizione ai raggi ultravioletti che la converte in vitamina D3 o colecalciferolo che è biologicamente inattivo.
Quando il colecalciferolo entra in circolo,viene prima di tutto assorbito dal fegato dove viene metabolizzato in 25-idrossivitamina D3 (25 -OH-D3), che è la quota predominante di vitamina D presente nella popolazione normale.
Oltre che dal colecalciferolo, la 25-OH–3 deriva anche dalla metabolizzazione dell’ergocalciferolo (vitamina D2) che deriva unicamente da fonti alimentari.
Dopo tanti detrattori altisonanti ora interviene un importante contriburo dei Proff. Giancarlo Isaia ed Enzo Medico dell’Università di Torino sul possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19
Possiamo leggere assieme il loro lavoro: “Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19”
La presentazione clinica ed epidemiologica della pandemia da Coronavirus è certamente molto anomala e, alla ricerca di possibili concause o di specifici fattori di rischio, il Prof. Giancarlo Isaia, Docente di Geriatria e Presidente dell’Accademia di Medicina di Torino, e il Prof. Enzo Medico, Professore Ordinario di Istologia all’Università di Torino, anche a seguito delle recentissime raccomandazioni della British Dietetic Association, hanno approfondito il ruolo che potrebbe svolgere la carenza di Vitamina D, che in Italia interessa una vasta fetta della popolazione, soprattutto anziana.
Sono così emersi alcuni dati che, sintetizzati in un documento già sottoposto ai Soci dell’Accademia di Medicina di Torino, sono stati giudicati molto interessanti. In esso gli Autori suggeriscono ai medici, in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, di assicurare adeguati livelli di Vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare.
Inoltre, potrebbe anche essere considerata la somministrazione della forma attiva della Vitamina D, il Calcitriolo, per via endovenosa nei pazienti affetti da COVID- 19 e con funzionalità respiratoria particolarmente compromessa.
Queste indicazioni derivano da numerose evidenze scientifiche che hanno mostrato:
1.a) Un ruolo attivo della Vitamina D sulla modulazione del sistema immune
2.b) La frequente associazione dell’Ipovitaminosi D con numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, tanto più in caso di infezione da COVID-19.
3.c) Un effetto della Vitamina D nella riduzione del rischio di infezioni respiratorie di origine virale, incluse quelle da coronavirus.
4.d) La capacità della vitamina D di contrastare il danno polmonare da iperinfiammazione.
“Inoltre, i primi dati preliminari – concludono i relatori – raccolti in questi giorni a Torino indicano che i Pazienti ricoverati per COVID-19 presentano una elevatissima prevalenza di Ipovitaminosi D. Il compenso di questa diffusa carenza vitaminica può essere raggiunto innanzitutto esponendosi alla luce solare per quanto possibile, anche su balconi e terrazzi, alimentandosi con cibi ricchi di vitamina D e, sotto controllo medico, assumendo specifici preparati farmaceutici”.
NEL DOCUMENTO SOPRACITATO GLI AUTORI SPIEGANO LE MOTIVAZIONI SCIENTIFICHE DEGLI EFFETTI ANTINFETTIVI DELLA VITAMINA D:
Motivazioni scientifiche a supporto degli effetti antiinfettivi della Vitamina D
1) Concentrazioni ridotte di 25(OH)D aumentano il rischio di osteoporosi e delle cadute dell’anziano https://doi.org/10.1016/S2213-8587(18)30347-4, ma si associano anche a tumori, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, infezioni croniche dell’apparato respiratorio, diabete mellito, malattie neurologiche e ipertensione. Queste patologie causano maggiore mortalità, soprattutto se questi pazienti si ammalano di COVID-19
2) Da tempo è noto il ruolo immunomodulatore della Vitamina D e anche un suo effetto antagonista sulla replicazione virale nelle vie respiratorie https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3308600/
3) Una review del 2014, “Vitamin D: a new anti-infective agent?”, ha esaminato le interazioni fra la
Vitamina D, il sistema immunitario e le patologie infettive, sottolineando l’associazione tra l’ipovitaminosi D e le infezioni respiratorie ed enteriche, l’otite media, le infezioni da Clostridium, le vaginosi, le infezioni del tratto urinario, la sepsi, l’influenza, la dengue, l’epatite da attribuire alla capacità della vitamina D di incrementare peptidi antimicrobici (catelicidina e beta-defensine) dotati di attività antivirale e immunomodulatoria (www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24593793).
4) Uno studio condotto in Sud Corea www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25946368 ha evidenziato valori ridotti di 25(OH)D (14 ±8 ng/ml) in pazienti con polmonite acuta acquisita in comunità.
5) In pazienti con malattie infiammatorie intestinali www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30601999 è stato evidenziato che, in presenza di livelli di 25(OH)D < a 20 ng/ml, la somministrazione di vitamina D3 (500
U/die) riduce di due terzi l’incidenza di infezioni delle alte vie respiratorie.
6) Una concentrazione di 25(OH)D superiore a 38 ng/ml si associa al dimezzamento del rischio di infezioni respiratorie acute dell’apparato respiratorio https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20559424
7) Una metanalisi del 2017 ha considerato 25 studi randomizzati, evidenziando che la supplementazione
di Vitamina D riduce di due terzi l’incidenza di infezioni respiratorie acute nei soggetti con livelli di
25(OH)D inferiori a 16 ng/ml: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28202713
8) Il Calcitriolo si è dimostrato efficace nei ratti nel ridurre il danno polmonare acuto indotto nei ratti da
lipopolisaccaridi attraverso un effetto sul sistema renina-angiotensina:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28944831
9) Particolarmente attuale ed importante pare quanto contenuto in un preprint del 15 marzo 2020,
https://www.preprints.org/manuscript/202003.0235/v1 “Vitamin D Supplementation Could Prevent
and Treat Influenza, Coronavirus, and Pneumonia Infections” nel quale viene sottolineato un
possibile ruolo della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento anche della malattia da
coronavirus. Vi si legge che la Vitamina D riduce il rischio di infezioni respiratorie attraverso tre
meccanismi:
➢ Mantenimento delle tight junctions, e della barriera polmonare:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30409076
➢ Incremento dell’espressione di peptidi antimicrobici quali la catelicidina e beta-defensine:
www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16497887 www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15322146
Da notare che questi peptidi sono dotati di attività antivirale:
www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25909853 www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29310427
➢ Stimolo dell’attività immunoregolatoria, potenzialmente rilevante rispetto al rischio di tempesta
citochinica e di polmonite, osservata in pazienti con COVID-19:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31986264
Riportiamo alcuni passi del testo che ci paiono particolarmente significativi:
➢ A high-dose (250,000 or 500,000 IU) vitamin D3 trial in ventilated intensive care unit patients
with mean baseline 25(OH)D concentration of 20–22 ng/ml reported that hospital length of stay
was reduced from 36 days in the control group to 25 days in the 250,000-IU group and 18 days in
the 500,000-IU group
➢ In a pilot trial involving 30 mechanically ventilated critically ill patients, 500.000 IU of vitamin D3 supplementation significantly increased hemoglobin concentrations and lowered hepcidin
concentrations, improving iron metabolism and the blood’s ability to transport oxygen
➢ During the COVID-19 epidemic, all people in the hospital, including patients and staff, should
take vitamin D supplements to raise 25(OH)D concentrations as an important step in preventing
infection and spread. A trial on that hypothesis would be worth conducting.
10) Un recente lavoro (“Pulmonary activation of vitamin D3 and preventive effect against interstitial
pneumonia”, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31777427) ha evidenziato che:
➢ Il calcitriolo, prodotto dai fibroblasti polmonari, presenta un effetto preventivo antiflogistico
sulla polmonite interstiziale indotta sperimentalmente nei topi;
➢ Una dieta ricca di Vitamina D è risultata in grado di attenuare i sintomi della polmonite
interstiziale in modelli murini;
➢ La carenza di vitamina D è stata correlata con la severità della polmonite interstiziale
sperimentalmente indotta.
11) Particolarmente significative sono le raccomandazione della British Dietetic Association del 16 marzo
2020 (https://www.bda.uk.com/resource/covid-19-corona-virus-advice-for-the-general-public.html) di
cui riportiamo alcuni passaggi significativi:
➢ Sunshine, not food, is where most of your vitamin D comes from. During autumn and winter
months when we spend more time indoors and the sun is weaker; if you are not able to get
enough sun, even a healthy, well-balanced diet, that provides all the other vitamins and
nutrients you need, is unlikely to provide enough vitamin D. Vitamin D works with calcium and
phosphorus for healthy bones, muscles and teeth. It is also important in protecting muscle
strength and preventing rickets, osteomalacia and falls.
➢ In spring, if you can, you should seek to spend some time outdoors in the sunshine (e.g. your
garden or balcony). However, if you are having to self-isolate or if you are unable to go outside,
you should consider taking a daily supplement to ensure a healthy vitamin D status.
Considerazioni epidemiologiche
1) L’Italia è uno dei Paesi Europei (insieme a Spagna e Grecia) con maggiore prevalenza di ipovitaminosi
D. Nel Nord Europa la prevalenza è minore per l’antica consuetudine di addizionare cibi di largo consumo (latte, formaggio, yoghurt ecc.) con Vitamina D (www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10197176).
2) In Italia, è stato dimostrato (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12856111) che il 76% delle donne anziane presentano marcate carenza di vitamina D, senza peraltro significative differenze regionali.
3) La ridotta incidenza di COVID-19 nei bambini potrebbe essere attribuita alla minore prevalenza di Ipovitaminosi D conseguente alle campagne di prevenzione del rachitismo attivate in tutto il mondo
dalla fine dell’Ottocento.
4) L’insorgenza di un focolaio in Piemonte in un convento di suore di clausura, popolazione a più elevato rischio di Ipovitaminosi D, costituisce un altro elemento suggestivo sul possibile ruolo protettivo della Vitamina D sulle infezioni virali.
5) La distribuzione geografica della pandemia sembra potersi individuare maggiormente nei Paesi situati al di sopra del tropico del cancro, con relativa salvaguardia di quelli subtropicali (Figura 2).
In questa società super medicata ci ritroviamo troppo spesso invece a dare poco peso alla prevenzione fatta con regole ferree e scientifiche e non al fai da te. La “Prevenzione” è importante partendo dai cibi e quindi a livello di alimentazione, ma non solo, poichè occorre assorciare a questo step il controllo degli esami clinici, gli unici che ci possono indicare se esiste una deficienza di vitaminica e quindi intervenire con un supplemento. E la vitamina D gioca un ruolo fondamentale anche in questa battaglia contro una malattia insidiosa, il Covid-19. Lo dice questo importante lavoro sbasato su studi scientifici.
Ma quanti hanno contezza del proprio stato di avitaminosi? Tra tante sperimentazioni in atto gli autori suggeriscono ai medici, in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, “di assicurare adeguati livelli di Vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare. Inoltre, potrebbe anche essere considerata la somministrazione della forma attiva della Vitamina D, il Calcitriolo, per via endovenosa nei pazienti affetti da COVID- 19 e con funzionalità respiratoria particolarmente compromessa“.
Infezione da Covid-19. Misure estreme ma poca analisi della clinica. Dr. Giannotta: “Diagnosi sempre tardive”
Covid-19. Epidemia dal Nord Italia? Giannotta: “Creare un albero filogenetico avrebbe dimostrato che non siamo gli untori”
COVID-19 e cervello: quale correlazione. Intervista al Dr. Marcello Villanova
Crisi Covid-19. Conte impone una guerra ma senza armi. Sindacati medici si rivolgono alla Procura della Repubblica
FreedomPress.it su Facebook cliccare QUI mettendo Mi piace o su Twitter cliccando QUI