Il caso Merlino, Femminicidio
di Cinzia Marchegiani
“ERA ORA”. Tutti gli anni i giornalisti professionisti e pubblicisti seguono con interesse e costante apprezzamento i corsi di formazione deontologica (obbligatoria) che sensibilizzano sul ruolo importante dell’informazione e la necessità dell’appropriatezza di terminologie efficaci per trattare e divulgare casi non solo di strupro, ma di omicidi, femminicidi. I giornalisti e quindi anche i presentatori che gestiscono format televisivi (con responsabilità ancora più grandi, visto la numerosa platea che raggiungono con la TV) devono stare molto attenti e non associare o giustificare il reato di femminicidio con frasi ormai che sono diventate invece un tormentone:
“Troppo amore, gelosia”.
Finalmente segnali importanti stanno arrivando anche dal CPO (COMITATO PARI OPPORTUNITÀ) dell’Ordine nazionale dei giornalisti; chi segue i corsi di formazione deontologica sa benissimo invece come si comporta una parte della stampa italiana, ma anche trasmissioni di intrattenimento in TV. C’è poca attentenzione alle espressioni usate e spesso furovianti nei titoli, negli articoli, ma anche da parte delle persone intervistate senza essere però denunciate o contestualizzate dagli stessi presentatori e giornalisti e che diventano purtroppo un riferimento nella formazione culturale della collettività che legge i giornali o guarda la TV.
La CPO dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione della Stampa Italiana sono intervenuti sul caso sollevato dalla giornalsita Myrta Merlino nella puntata di Pomeriggio sul Cinque:
“Due femminicidi e un figlicidio. Un piano progettato da giorni: le ragioni per cui Martino Benzi ha compiuto la strage ad Alessandria, togliendosi poi la vita, sono all’esame degli inquirenti.
Quello che conta, in questo dramma familiare, è una narrazione rispettosa di persone a cui la vita è stata tolta.
Come, invece, non è avvenuto nella trasmissione ‘Pomeriggio sul Cinque’ di venerdì 29 settembre, da parte della conduttrice, la giornalista Myrta Merlino: le Cpo di Ordine dei giornalisti, Federazione della Stampa Italiana, Usigrai e l’associazione Giulia Giornaliste condannano la scelta di espressioni che nulla hanno a che vedere con un gravissimo fatto di cronaca, contrarie al Manifesto di Venezia e all’Articolo 5 bis del testo unico deontologico. Inaccettabile la ricerca di giustificazioni per l’autore dei gesti. Soprattutto non si può definire la violenta uccisione di tre familiari come “un gesto dettato da troppo amore.Non c’è mai amore in relazioni violente, non può mai essere un alibi per chi nega la vita.
L’aver fatto proprio il concetto, espresso nella testimonianza raccolta, e proposta durante la trasmissione, senza né intervenire, né contrastare questa lettura, è un approccio che fa male alla buona informazione e determina una rivittimizzazione delle tre persone.”
Le Cpo di Fnsi, Odg, Usigrai e Giulia Giornaliste si riservano di valutare una segnalazione all’Ordine regionale di competenza: “La violenza non può mai essere né ammessa, né legittimata con parole che ledono la dignità, il rispetto e il diritto a vivere“.
Se il giornalismo deve seguire codici deontologici, non lo fa perchè i giornalisti devono essere delle marionette, ma perchè i riferimenti sono nati come guida per essere e diventare professionisti migliori. Certamente più sensibili di fronte a certi abusi, anche di forma e discriminazione di ogni genere, anche verso opinioni e riflessioni diverse.
I giornalisti (almeno quelli che si mettono in discussione) cercano di fare formazione professionale poiché quello che viene pubblicato su un giornale o peggio ancora in TV spesso entra nelle aule di tribunale e in alcuni casi fuorviando la verità e/o soffia in modo non corretto su tematiche delicate come il razzismo, il femminicidio, le violenze sessuali, il bullismo (che ha molte facce), ma anche salute mentale.
Guide che non servono a dire cosa scrivere certamente, perchè l’informazione è sacra; ma a sensibilizzare con quale lessico e quale attenzione meritano la persone citate e soprattutto per difendere i diritti dei bambini e delle vittime.
Servono eccome, come un docente è educatore dei suoi studenti, anche il giornalista educa. Soprattutto ora che le nuove generazioni guardano e condividono tutto sui social. Siamo responsabili della bellezza ma anche delle brutture che produciamo e dei loro effetti.
L’ultimo caso segnalato è stata il TG di La7 di Mentana, un altro caso che suscita sgomento e anche questo segnalato al Consiglio di Disciplina del CNOG.
Siamo responsabili anche con parole e titoli delle pagine di odio che si accendono sui social, delle divisioni culturali, gli scontri cercati virtuali che si consumano troppo spesso mostrando la parte peggiore si sé stessi. Gli utenti grazie ad uno schermo che disinibisce le opinioni, esprimono e scrivono le parole che diventano armi pesanti e incontrollabili.
PERCHE’ NON FARE UNA PUNTATA (O PIU’ PUNTATE) DEDICATA A QUESTI TEMI PER SENSIBILIZZARE LA COSCIENZA ANCHE COLLETTIVA? Forse sarebbe interessare proporre in TV una puntata dove si spiegano questi principi fondamentali e che le dichiarazioni dei familiari/conoscenti dei presunti colpevoli delle azioni violente e di morte non possono essere prese come giustificazione, anzi vanno stigmatizzate! Serve sensibilizzare i telespettatori sul fatto che nessun amore, nessun legame può giustificare un omicidio, il potere sulla vita altrui anche e solo in nome del fatidico AMORE!
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