di Cinzia Marchegiani
Sanità Lazio – A spiegarci l’orribile tragedia avvenuta nel sistema sanità laziale è il giornale Repubblica: “È stata aperta un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti per chiarire se nella morte di Gianfranco Ruggiu c’è una responsabilità nella gestione del servizio unico delle emergenze 112 o se ce ne sono in quella di secondo livello per le emergenze sanitarie. L’indagine è partita dopo lettera di denuncia su Repubblica firmata da Valentina Ruggiu, figlia di Gianfranco, con il racconto delle sei telefonate disperate alle quali ha risposto la voce registrata invitandola a rimanere “in attesa”, fin quando i familiari decidono di caricare l’uomo in auto e di trasportarlo in ospedale. Ma al loro arrivo, 25 minuti dopo la prima richiesta di soccorso, i medici dichiarano che Gianfranco Ruggiu è morto”.
Il Segretario Confintesa Sanità Roma e Lazio, Antonino Gentile, in merito al decesso del malato e la denuncia, attraverso la stampa, delle criticità relative al Numero Unico di Emergenza 112, unitamente alla cronica carenza di posti letto e personale sanitario che rendono i Pronto Soccorso luoghi non degni di un Paese civile è intervenuto con un Comunicato Stampa:
“Non è accettabile che il sistema dell’emergenza-urgenza della Regione Lazio consenta l’avverarsi di episodi gravi sui tempi di risposta del NUE, come ad Albano Laziale, e che si permetta anche solamente per un secondo il perpetuarsi dello stato indecoroso in cui ormai versano i Pronto Soccorso di Roma e Provincia”.
“Sulla vicenda di Albano rimaniamo in attesa di conoscere l’esito delle verifiche della task force inviata dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, atto conclusivo di una serie di disservizi che da mesi interessavano il nuovo modello di gestione delle chiamate di emergenza che invece nei propositi iniziali avrebbe dovuto rendere il soccorso dei malati più rapido ed efficiente. Questo non è stato in quel di Albano e a farne le spese è stato un essere umano che non si è visto garantito quel diritto all’assistenza nel momento in cui ne aveva un urgente bisogno. Se dalla linea telefonica ci si sposta e si va nei Pronto Soccorso poi lo scenario diventa indecente. Ogni cittadino bisognoso di cure urgenti si vedrà negato quel diritto alla Salute che in questa Regione rischia di rimanere solo su carta. Poco personale sanitario, non adeguato alle reali necessità legate alle condizioni di assistenza e cure. Negli anni passati vennero sintetizzati in maniera ragionieristica atti regionali che stabilivano i requisiti minimi strutturali e organizzativi, a cui i vari ospedali si attengono puntualmente purtroppo solo per la parte minima necessaria ai fini dell’accreditamento o dell’autorizzazione. A distanza di sei anni sarebbe necessario rivedere certi decreti, come strategia a breve e medio termine. Come sarebbe opportuno immettere risorse e personale nella macchina sanitaria regionale, altrimenti non basteranno le task force e le barelle continueranno a essere dimore scomode per giorni ”- conclude Antonino Gentile Il Segretario Confintesa Sanità Roma e Lazio
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