di Christian Montagna
Napoli – Due ore e trenta minuti di adrenalina, effetti speciali e colpi di scena sono bastati ad incantare il pubblico napoletano che, ieri sera dalle 21, si è riunito al Palapartenope per acclamare il suo beniamino Caparezza. Un’energia smisurata, da un inizio col botto ad una fine ancor più adrenalinica: il concerto- spettacolo ha mostrato le diverse sfaccettature di Michele Salvemini, artista che non cela le sue inquietudini e le sue introspezioni.
È il nuovo album “Prisoner 709”, questa sera al Palalottomatica di Roma, a sprigionare così tanta energia. In un’ alternarsi continuo tra Caparezza e Michele, tra l’artista e l’uomo, non sono mancati momenti didascalici destinati al variegato pubblico che assisteva in platea, assuefatto e rapito dagli oggetti di scena.
Coreografie ricercate, curate nel dettaglio e costruite ad hoc dal coreografo e danzatore Francesco Pirone sui brani cantati dall’artista durante lo spettacolo. Stile che fa la differenza e che ben si sposa con la personalità dell’artista stesso. Costumi di scena, led wall sempre più caratterizzanti, idee particolarissime, similitudini e metafore del corpo, un tunnel, una lavatrice-totem gigante e via in volo, a bordo di una chiave alata: il lavoro sinergico tra il coreografo e lo stesso Caparezza ha portato a casa eccellenti risultati. Caparezza “Ti fa stare bene”.
Sì, perché il pubblico per due ore non è riuscito a distogliere lo sguardo dall’infinità di effetti speciali, dialoghi e messaggi in codice che su quel palco si susseguivano numerosi.
“Prosopagno sia!” e poi “Fuori dal tunnel” dell’inquietudine; il salto verso i vecchi album e i successi più grandi, partendo con il non-tormentone, passando poi per “Legalize the Premier” e “Vieni a ballare in Puglia”. E ancora “Avrai ragione tu”, “Vengo dalla Luna” ed “Abiura di me”.
Un enorme salto di qualità per un artista a tutto tondo. Un salto che diventa metaforicamente un volo su una chiave alata, prima di lasciare spazio ad una ruota tipicamente usata per i criceti. Caparezza esce (per fortuna direi ) dalla sua prigione e lo fa con la musica. “Devi fare ciò che ti fa stare bene”: è il mantra che l’artista stesso ha sentito nei momenti di difficoltà dopo aver scoperto l’acufene nel giugno 2015 durante il tour estivo di “Museica”.
È l’acufene il male contro cui lottare; il male che lo ha recluso in prigione. Ma c’è da dire che l’acufene è soltanto uno, a mio avviso, degli aspetti determinanti di “Prisoner 709”: in fondo, ce ne sono tanti altri, tante importantissime citazioni in quello che, volendolo definire correttamente, è un grande spettacolo , uno show all’ ennesima potenza.