di Cinzia Marchegiani
Cancro ovarico, una nuova ricerca spiega il motivo per il quale questa malattia è difficile da curare, le donne trattate con i protocolli ufficiali sviluppano una resistenza alla chemioterapia. Secondo l’AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, negli stadi iniziali, ossia quando la neoplasia è localizzata a un ovaio o anche a tutti e due, il risultato di una terapia adeguata risulterebbe soddisfacente. Secondo la FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia) negli stadi iniziali (stadio I) la sopravvivenza a cinque anni è pari all’85%. Purtroppo, si legge, così non è negli stadi avanzati in cui la sopravvivenza a cinque anni scende al 25%.
Il cancro ovarico è una di quelle patologie silenti, non dà segni di sé fino a quando non ha raggiunto dimensioni notevoli e questo influenza pesantemente l’esito delle cure.
CHEMIORESISTENZA, IL RUOLO DELLE CELLULE IMMUNITARIE
La ricerca condotta presso l’università del Michigan ha cercato di comprendere quanto la chemioresistenza fosse frutto di una mutazione genetica. Ora si scopre invece che le cellule immunitarie contribuiscono ad invertire la chemioresistenza nel carcinoma ovarico. I risultati, riportati sulla rivista Cell (1) suggeriscono un modo diverso di pensare alla resistenza alla chemioterapia e la possibilità di sfruttare la droga immunoterapia per curare il cancro ovarico.
LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DEL MICHIGAN
All’interno di ogni tumore ovarico, ci sono buone cellule e cellule cattive. Un nuovo documento spiega i loro ruoli:
Le cellule cattive sono i fibroblasti. Essi lavorano per bloccare la chemioterapia, che è il motivo per cui quasi tutte le donne con tumore ovarico diventano resistenti al trattamento.
Le buone sono le cellule T del sistema immunitario. Queste possono invertire tale resistenza. “Il cancro ovarico è spesso diagnosticato in stadi avanzati, in modo da chemioterapia è una parte fondamentale del trattamento. La maggior parte dei pazienti risponderanno ad esso in un primo momento, ma in tutti si sviluppa la chemioresistenza. Ed è allora che il cancro ovarico diventa mortale”, spiega l’autore dello studio J. Rebecca Liu, MD, professore associato di ostetricia e ginecologia presso l’Università del Michigan. “In passato, abbiamo pensato che la resistenza fosse causata da mutazioni genetiche nelle cellule tumorali. Ma abbiamo scoperto che non è tutta la storia ” conclude la Professoressa Liu.
TRATTAMENTO OVARICO, CISPLATINO
Il cancro ovarico è tipicamente trattato con cisplatino, un chemioterapico a base di platino. I ricercatori hanno scoperto che i fibroblasti bloccavano il platino. Queste cellule hanno impedito l’accumulo di platino nel tumore e proteggono le cellule tumorali dall’uccisione del cisplatino.
Le cellule T immunitarie, invece, annullavano la protezione dei fibroblasti. Quando i ricercatori hanno aggiunto le cellule T del sistema immunitario ai fibroblasti, le cellule tumorali hanno cominciato a morire.
“Le cellule T sono i soldati del sistema immunitario. Sappiamo già che se hai un sacco di cellule T in un tumore, si hanno risultati migliori. Ora vediamo che il sistema immunitario può anche avere un impatto resistenza alla chemioterapia”, spiega l’autore dello studio Weiping Zou, (MD Ph.D), Charles B. de Nancrede Professore di Chirurgia, Immunologia e Biologia presso l’Università del Michigan.
Studio pre-clinico. Aumentando le cellule T del sistema immunitario, i ricercatori sono stati in grado di superare la resistenza alla chemioterapia in modelli murini. Hanno usato interferone, un tipo di piccola proteina, per manipolare i meccanismi coinvolti nel cisplatino.
CHEMIOTERAPIA E IMMUNOTERAPIA
I ricercatori suggeriscono che la combinazione di chemioterapia con l’immunoterapia può essere efficace contro il cancro ovarico. PD-L1 e PD-1 bloccanti pathway sono trattamenti in alcuni tipi di cancro che la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato, anche se non per il cancro ovarico.
Prospettive per il futuro e una speranza per le pazienti. Il professor Zou dichiara: “Possiamo immaginare di rieducare i fibroblasti e cellule tumorali con le cellule T del sistema immunitario dopo che chemioresistenza si sviluppa”.
Questo approccio ad oggi richiede una sperimentazione clinica aggiuntiva prima di poter essere usato con i pazienti.
Immunoterapia, ancora lontana. Purtroppo anche se la ricerca va avanti e promette prospettive di terapie migliori e mirate, il viaggio è lungo e tortuoso, questo studio dimostra come fino ad ora si pensava che la chemioresistenza fosse dovuta principalmente ad una mutazione genetica, ciò porterà allo sviluppo di nuovi trattamenti che però ad oggi non sono accessibili. Ecco che il ruolo della diagnosi che potrebbe giocare un fattore determinante.
Diagnosi e sintomi cancro ovarico. Sono tre i sintomi che le donne dovrebbero tenere presente in quanto possibili indicatori precoci della presenza di un cancro delle ovaie: addome gonfio, aerofagia, bisogno di urinare frequente. Lo affermano diversi studi apparsi negli ultimi anni sulle riviste mediche, che rimarcano anche quanto generici siano questi disturbi. Secondo gli esperti, si tratta di sintomi spesso sottovalutati in quanto comuni ad altre patologie minori.
Ovviamente vanno considerati solo se si presentano (o in rapida sequenza) insieme e all’improvviso: in tutti gli altri casi non sono significativi. A questi sintomi va aggiunta la sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto. Quando si manifestano questi veri e propri campanelli d’allarme, è bene richiedere al ginecologo una semplice ecografia pelvica, che potrà dare una prima importante indicazione diagnostica.
FATTORI DI RISCHIO CANCRO OVARICO
Tra i fattori di rischio per il cancro dell’ovaio c’è l’età, come dimostra il fatto che la maggior parte dei casi viene identificata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69 anni.
Altri fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio ossia il menarca (prima mestruazione) precoce, la menopausa tardiva e il non aver avuto figli. L’aver avuto più figli, l’allattamento al seno e l’uso a lungo termine di contraccettivi estroprogestinici diminuiscono il rischio di insorgenza del tumore dell’ovaio e sono quindi fattori di protezione.
Esiste però un altro fattore di rischio e questo consiste in specifiche alterazioni di geni. Secondo una stima del National Cancer Institute una percentuale tra il 7% e il 10% di tutti i casi è il risultato di una alterazione genetica che si tramanda nelle generazioni. In presenza di difetti genetici consistenti in mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 può verificarsi la presenza contemporanea o in tempi diversi di carcinoma dell’ovaio e carcinoma della mammella. In questi casi il cancro dell’ovaio si verifica in un’età più giovane di quello non legato ad alterazione genetica.
Fonte
1) http://www.cell.com/cell/fulltext/S0092-8674(16)30400-7
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