A lanciare l’allarme è Coldiretti sulle nuove norme in materia di alimentazione e produzione salumi. Insomma sembra che sulle tavole dei consumatori sta per arrivare anche il prosciutto gonfiato che contiene più acqua e anche aromi chimici, sinora vietati, che ganneggerebbe sia il cliente che lo stesso allevatore italiano. La Coldiretti entra a gamba tesa sull’entrata in vigore del cosiddetto “decreto salumi” che recepisce norme comunitarie concernenti la disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti di salumeria.
Vengono aumentati di un punto percentuale i tassi di umidità relativi al prosciutto cotto, a quello cotto scelto e a quello cotto di alta qualità, il che significa che il contenuto di acqua consentito sarà pagato dagli acquirenti come se fosse carne. L’incremento del tasso di umidità previsto per le tre categorie di prosciutto andrà a minare la qualità del prodotto stesso a discapito del maiale italiano, le cui carni hanno caratteristiche qualitative superiori a quelle dei maiali importati dai paesi del nord, penalizzando i nostri allevatori.
Il decreto cancella poi il divieto di utilizzo di aromi chimici, aprendo così la strada alla possibilità di correggere gusto e sapore dei salumi fatti con materia prima scadente e di dubbia origine. Viene infatti sostituita la distinzione tra aromi artificiali e naturali identici con un riferimento generale al regolamento UE 1334/2008, relativo agli aromi e alle sostanze aromatizzanti. Ad essere abolita è anche la “scadenza”, il cosiddetto termine minimo di conservazione che era fissato al massimo entro 60 giorni dalla data di confezionamento del prosciutto cotto e che ora sarà invece deciso direttamente dal produttore.
Paradossalmente viene mantenuta, invece, la possibilità di utilizzare le cosce di maiale congelate per produrre il prosciutto crudo stagionato per il quale viene però ridotta a 40 giorni la fase minima di riposo (55 giorni per le cosce superiori agli 11 chili). Si tratta di norme per favorire le importazioni dall’estero di maiali più leggeri di quelli italiani in una situazione in cui due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine.
Altra novità del provvedimento è l’inserimento nel decreto del Culatello, sino ad oggi assente, ma anche qui si apre a una “industrializzazione” del prodotto (uso di involucri artificiali al posto del tradizionale budello naturale, ecc.) che rischia di abbassarne la qualità.
“Occorre salvaguardare la tradizione artigianale della nostra salumeria che ha conquistato i mercati internazionali nel rispetto della tradizione e della qualità”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “va fermata una deriva comunitaria che punta all’omologazione verso il basso della qualità, troppo spesso con la complicità di una parte dell’industria anche nazionale”.
In Italia sono allevati meno di 8,7 milioni di maiali, destinati per il 70 per cento alla produzione dei 36 salumi che hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine (Dop/Igp). Il settore della produzione di salumi e carne di maiale in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.
Insomma gli inganni sono serviti al consumatore, che sempre più attenti avevano imparato anche a leggere le etichette, riconoscendo codici dei conservanti, lotti produzione e provenienza e potevano scegliere con consapevolezza nel variegato mondo delle offerte… Ora rimangano troppi interrogativi.