L’Hiv è un virus a Rna che appartiene a una particolare famiglia virale, quella dei retrovirus, dotata di un meccanismo replicativo assolutamente unico. Grazie a uno specifico enzima, la trascrittasi inversa, i retrovirus sono in grado di trasformare il proprio patrimonio genetico a Rna in un doppio filamento di Dna. Questo va inserirsi nel Dna della cellula infettata (detta “cellula ospite” o “cellula bersaglio”) e da lì dirige di fatto la produzione di nuove particelle virali. Le principali cellule bersaglio dell’HIV sono particolari cellule del sistema immunitario, i linfociti T di tipo CD4, fondamentali nella risposta adattativa contro svariati tipi di agenti patogeni e oncogeni. L’infezione da HIV provoca quindi un indebolimento progressivo del sistema immunitario (immunodepressione), aumentando il rischio sia di tumori che di infezioni da parte di virus, batteri, protozoi e funghi, che in condizioni normali possono essere curate.
L’INDAGINE AIDS E SPERIMENTAZIONE ANIMALE : “FINO AD OGGI CIRCA 100 VACCINI SPERIMENTALI HANNO FUNZIONATO SU MODELLI ANIMALI PER POI FALLIRE NELLE FASI DI SPERIMENTAZIONE SU ESSERI UMANI”
Gli autori, Prof.ssa Mirta Bajamonte, Ph.D. (Biomedico-Biotecnologo, Ricercatrice, Docente di Embriologia Clinica presso l’Università degli studi di Palermo, Docente presso LUdeS Foundation H.E.I., Malta), Alfredo Lio, Dr.ssa Susanna Penco, Ph.D. (Biologa e Ricercatrice presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi di Genova), e l’Associazione Medico-Scientifica O.S.A. (Oltre la Sperimentazione Animale) in un viaggio complesso indagano il mondo della ricerca scientifica e delle pubblicazioni nel campo del virus Hiv, e di un vaccino che ancora stenta a raccogliere successi, nonostante negli anni molti abbiano fatto annunci trionfalistici. Lasciamo nell’interezza il documento pubblicato:
Di tanto in tanto, viene divulgata dai media la notizia della scoperta dell’ennesimo trattamento farmacologico anti-HIV efficace su ”modelli animali” [1] che, di conseguenza, dovrebbe in qualche modo rincuorare e dare speranza a milioni di persone in tutto il mondo affette dalla Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (ovvero l’AIDS).
L’HIV (agente eziologico che comporta la malattia dell’AIDS) è un retrovirus del genere lentivirus, caratterizzato cioè dal dare origine ad infezioni croniche che sono scarsamente sensibili alla risposta immunitaria ed evolvono lentamente ma progressivamente e che, se non adeguatamente trattate, possono avere un esito fatale. In base alle conoscenze attuali, l’HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1e HIV-2. Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America ed Africa centrale; l’HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale e determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al ceppo precedente.
I dati dell’Unaids sull’epidemia di Hiv ed Aids (2012), riportati nel documento ”Aids by the numbers”, stimano che, in tutto il mondo, 35,3 milioni di persone vivono con il virus e che nel 2012 ci sono state 2,3 milioni di nuove diagnosi. Si tratta di un valore in progressivo calo: tra il 2001 ed il 2012 si è assistito a una diminuzione del 50% in 26 Paesi e di un calo tra il 25% e il 49% in altri 17 Paesi. Il valore più importante riguarda i bambini: tra il 2001 ed il 2012 le nuove diagnosi tra i più piccoli sono passate da 550 mila a 260 mila (-52%) [2].
Il numero di decessi per anno continua a diminuire, principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate, passando da 2,3 milioni nel 2005 a 1,6 milioni nel 2012. [2].Ad oggi, tuttavia, non esiste alcuna cura efficace che possa sradicare il virus dell’HIV.
A che punto è la ricerca? In quale misura gli studi condotti su ”modelli animali di malattia”, nello specifico, hanno contribuito alla realizzazione di validi trattamenti terapeutici destinati al paziente affetto?
Diversi animali, come topi, conigli, gatti e primati non-umani, vengono regolarmente utilizzati per gli studi sull’HIV [3-4]. Ad eccezione dello scimpanzè, in cui, tuttavia, il virus dell’HIV non si riproduce con quelle modalità rilevate nella specie umana [5] e che, salvo rare eccezioni, non manifesta l’AIDS [3-4-5-6-7], nessun altro animale viene infettato dall’HIV e sviluppa l’AIDS [5-8]. Pertanto, diversi ceppi di virus ”HIV-simili” vengono utilizzati per infettare gli animali nel tentativo di mimare il comportamento dell’agente patogeno in questione nell’essere umano. Tra i virus surrogati dell’HIV presi in esame per gli studi del caso, significativamente differenti (opportuno evidenziarlo), sono presenti il SIV (simian immunodeficiency virus) ed il virus chimera SHIV (simian–human immunodeficiency virus) con cui vengono infettati i primati non-umani delle specie macachi [8-9].
Per quanto riguarda HIV e ”sperimentazione animale”, si consideri che fino ad oggi, dopo anni ed anni di estenuanti e costosissime ricerche, circa 100 vaccini sperimentali hanno funzionato su modelli animali, per poi fallire tuttavia la traduzione in oltre 100 trials clinici (cioè nelle fasi di sperimentazione su esseri umani) [9-10].
Questa frustrante situazione ha portato alcuni scienziati (2014) a concludere che:
”Nella ricerca sull’HIV/AIDS, l’uso di macachi è ampiamente considerato fallimentare e di discutibile rilevanza umana (157-164). Molti, se non tutti, dei circa 100 diversi tipi di vaccini anti-HIV sono stati testati nelle scimmie con risultati positivi, eppure nessuno ha dimostrato effetti protettivi o benefici terapeutici negli esseri umani, questo per via di importanti differenze tra i macachi infettati con il SIV e gli esseri umani affetti da HIV (157,158,162,165-167).” [9]
Come riferito dalla fonte sopra indicata, uno dei motivi principali alla base della fallimentare traduzione di risultati utili nelle ricerche sull’HIV sono le ”importanti differenze” tra animali infettati con il SIV e gli esseri umani affetti dall’HIV, in aggiunta a differenze tra specie di natura genetica e su base fisiologica [5-9-11]. Si consideri altresì che il retrovirus dell’HIV è soggetto a mutazioni proprie non influenzate da fattori esterni.
Koff et al. (2013) hanno dichiarato sulle pagine di una rivista dello spessore di SCIENCE:
”Nonostante i migliori sforzi sostenuti, i modelli in vitro e quelli rappresentati da piccoli animali non ricapitolano in maniera efficiente le dinamiche delle risposte immunitarie umane ai vaccini. I modelli di topo, in particolare i topi inbred, sono stati estremamente efficaci come strumento per gli immunologi di base, ma sono stati largamente fallimentari come modelli per l’applicazione clinica […] esistono ulteriori limitazioni nell’utilizzare i primati non-umani per lo sviluppo del vaccino umano (anti-HIV, ndr), incluse differenze immunogenetiche tra macachi ed esseri umani, specie-specificità di alcuni vettori virali sviluppati come candidati vaccini e l’impatto del microbioma umano sulla valutazione del candidato vaccino […] Il microbioma degli esseri umani è costituito da una pletora di virus, batteri e parassiti che infettano e risiedono nei nostri tessuti, contribuendo ad una notevole percentuale di informazioni genetiche al nostro metagenoma ed influenzando quindi suscettibilità e resistenza alle malattie, in particolare malattie infiammatorie come il Diabete di tipo 1, la colite ulcerosa ed il Morbo di Crohn (83). Il concetto di microbioma viene applicato alla medicina personalizzata, ma dovrebbe essere considerato anche come una limitazione quando si contempla l’utilizzo di modelli animali per lo sviluppo di vaccini umani (84).” [11]
Il Biologo Molecolare Marc van Regenmortel (2012) ha confermato quanto sopra riferito:
”L’uso dei primati non-umani per la valutazione dei correlati immunitari è insoddisfacente anche a causa delle differenze nella patogenesi delle malattie e nelle risposte immunitarie nelle infezioni da HIV, SIV e SHIV ( Koup et al., 2011). Inoltre, generalmente non è più accettato che la protezione osservata nei primati non-umani dovrebbe essere un ‘gatekeeper’ per far avanzare lo sviluppo di un particolare vaccino nelle fasi di efficacia umana (sperimentazione clinica, ndr) (Shedlock et al., 2009; Thomas, 2009; Greek, 2012). Un prodotto che funziona nei macachi potrebbe non funzionare negli esseri umani ed una strategia che non dimostra alcuna efficacia nei primati non-umani potrebbe invece funzionare negli esseri umani. I modelli animali sono scarsi predittori per le risposte umane, in parte perché i risultati dipendono da ceppi virali, dosi utilizzate per gli esperimenti e vie di infezione (Thomas, 2009).” [12]
van Regenmortel ricorda un altro dato particolarmente preoccupante relativo alla natura inerentemente problematica degli studi animali, i considerevoli falsi positivi che si registrano durante il processo di sviluppo: quel candidato vaccino che potrebbe rivelarsi efficace e sicuro per gli esseri umani potrebbe essere prematuramente ‘’cestinato’’ a causa di (fuorvianti) dati animali che non giustificavano la sperimentazione umana.
Anche se un trattamento farmacologico destinato a contrastare efficacemente l’HIV dovesse essere scoperto domani stesso a seguito di studi critici condotti su animali questi ultimi non potrebbero essere comunque considerati come un valido sistema di modalità predittiva dell’esperienza umana di riferimento, in quanto il loro VPP (Valore Predittivo Positivo) in questo caso starebbe da qualche parte intorno ad uno 0.01 [13].
Serie perplessità sull’utilizzo di modelli animali per lo sviluppo di un valido vaccino anti-HIV, motivate da tutte le ragioni sopra indicate, sono sempre più riconosciute all’interno della comunità scientifica [14].
Da ricordare inoltre che vaccini sperimentali (efficaci su animali) hanno addirittura favorito l’infezione del virus dell’HIV quando testati successivamente negli esseri umani [15-16].
”Last but not least”, si consideri che la stragrande maggioranza dei più importanti progressi conseguiti in questa specifica area di studio sono da attribuirsi ad osservazioni cliniche fatte direttamente sugli esseri umani ed approcci di ricerca ”human-based” (incentrati cioè sullo studio della biologia umana).
Infatti, è stata la ricerca clinica sugli esseri umani ad isolare il virus dell’HIV, a descrivere il decorso naturale della malattia ed identificare i fattori di rischio, e non la ”s.a.”. Con la ricerca in silico (sistemi computazionali) e quella in vitro (coltura di cellule e di tessuto), utilizzando globuli bianchi umani, sono state definite sia l’efficacia sia la tossicità di quasi tutti gli attuali farmaci anti-AIDS, inclusi l’AZT, il 3TC ed enzimi inibitori (protease inhibitors), che hanno inciso significativamente sull’aspettativa di vita del paziente affetto da AIDS. Nella letteratura scientifica questo viene dichiarato e dimostrato in maniera del tutto irrefutabile [4-17-18-19-20-21-22-23-24].
Haigwood et al. (2008) hanno affermato:
”È importante sottolineare che le prime ricerche nei laboratori accademici e nell’industria hanno portato allo sviluppo dei farmaci anti-HIV o antiretrovirali (ARV) in assenza di modelli animali […] quasi tutti i farmaci antiretrovirali attualmente in uso sono stati approvati senza test di efficacia eseguiti su modelli animali.” [18]
Allo stesso modo, Barh et al. (2011) hanno riferito che:
”In conclusione, gli spunti critici sull’AIDS, sul suo meccanismo, e la sua terapia sono derivati esclusivamente da studi in vitro ed in vivo su esseri umani, mentre gli studi animali hanno sostanzialmente fallito nel riprodurre l’AIDS umano.” [21]
Ciononostante, la legislazione vigente in pressochè tutti i paesi del mondo richiede ancora fuorvianti ed inaffidabili test di efficacia e tossicità animale. Questo ha portato fino ad oggi all’attuale, irrefutabile, desolante constatazione che:
”per decenni, miliardi di dollari sono stati dedicati allo sviluppo di un vaccino contro l’AIDS, solo per ottenere delusione e fallimento (1,2).” [25]
Autori
Alfredo Lio
Prof.ssaMirta Bajamonte, Ph.D. (Biomedico-Biotecnologo, Ricercatrice, Docente di Embriologia Clinica presso l’Università degli studi di Palermo, Docente presso LUdeS Foundation H.E.I., Malta)
Dr.ssaSusanna Penco, Ph.D. (Biologa e Ricercatrice presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi di Genova)
Per l’Associazione Medico-Scientifica O.S.A. (Oltre la Sperimentazione Animale)
Bibliografia:
[1] Valeria Pini. Aids, nuovo vaccino testato: “Sconfitto virus Hiv sulle scimmie”. La Repubblica.it, 31 ottobre 2013. http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2013/10/31/news/aids_nuovo_studio_sconfitto_il_virus_sulle_scimmie-69912666/
[2] Infezione da Hiv e Aids. Epicentro, Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, ISS. Disponibile a questo indirizzo: http://www.epicentro.iss.it/problemi/aids/epidMondo.asp
[3] Hatziioannou, T. & Evans, D, T. Animal models for HIV/AIDS research. Nat Rev Microbiol. 2012 Dec; 10(12): 852–867. doi: 10.1038/nrmicro2911. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4334372/
[4] Sharma, B. Exploring Experimental Animal Models in HIV/AIDS Research. Biochem Anal Biochem 2013, 2:2. http://omicsonline.org/exploring-experimental-animal-models-in-hivaids-research-2161-1009.1000129.pdf
[5] Greek, R. Animal Models and the Development of an HIV Vaccine. J AIDS Clinic Res 2012, S8. doi: 10.4172/2155-6113.S8-001. http://omicsonline.org/animal-models-and-the-development-of-an-hiv-vaccine-2155-6113.S8-001.pdf
[6] Haigwood, N, L. Update on Animal Models for HIV Research. Eur J Immunol. 2009 Aug;39(8):1994-9. doi: 10.1002/eji.200939576. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19672890
[7] Bailey, J. Lessons from chimpanzee-based research on human disease: the implications of genetic differences. Altern Lab Anim. 2011 Dec;39(6):527-40. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22243397
[8] Ambrose, Z. et al. HIV/AIDS: in search of an animal model. Trends Biotechnol. 2007 Aug;25(8):333-7. Epub 2007 Jun 18. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17574286
[9] Bailey, J. Monkey-based research on human disease: the implications of genetic differences. Altern Lab Anim. 2014 Nov;42(5):287-317. http://www.neavs.org/docs/Monkey-based_Research_on_Human_Disease_-_The_Implications_of_Genetic_Differences_-_NEAVS_-_final.pdf
[10] Greek, R. The Ethical Implications for Humans in Light of the Poor Predictive Value of Animal Models. International Journal of Clinical Medicine 2014, 5, 966-1005. doi: 10.4236/ijcm.2014.516129. http://file.scirp.org/Html/3-2100870_48946.htm
[11] Koff, W, C. et al. Accelerating next-generation vaccine development for global disease prevention. Science. 2013 May 31;340(6136):1232910. doi: 10.1126/science.1232910. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23723240
[12] van Regenmortel, M, H. Basic research in HIV vaccinology is hampered by reductionist thinking. Front Immunol. 2012 Jul 9;3:194. doi: 10.3389/fimmu.2012.00194. eCollection 2012. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22787464
[13] Greek, R. & Menache, A. Systematic Reviews of Animal Models: Methodology versus Epistemology. Int J Med Sci. 2013; 10(3): 206–221. Published online 2013 Jan 11. doi: 10.7150/ijms.5529. http://www.medsci.org/v10p0206.htm
[14] Sheets, R, L. et al. Scientific and regulatory challenges in evaluating clinical trial protocols for HIV-1/AIDS vaccines – A review from a regulatory perspective. Biologicals. 2016 Mar;44(2):90-110. doi: 10.1016/j.biologicals.2015.11.003. Epub 2015 Dec 28. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1045105615001360
[15] Reardon, S. HIV vaccine raised infection risk. Nature, 17 October 2013. http://www.nature.com/news/hiv-vaccine-raised-infection-risk-1.13971
[16] Pippin, J, J. Animal Research in medical sciences: seeking a convergence of science, medicine, and animal law. South Texas Law Rev. 2013;54:469–511. http://animalstudiesrepository.org/cgi/viewcontent.cgi?article=1013&context=acwp_all
[17] Bailey, J. Non-human primates in medical research and drug development: a critical review. Biog Amines 2005; 19(4-6): 235–55. http://www.safermedicines.org/pdfs/reportbiogenic.pdf
[18] Haigwood, N, L. et al. Nonhuman Primate Models for AIDS, in: Conn, P, M. Sourcebook of Models for Biomedical Research. Springer Science & Business Media, 07 mar 2008 (pag. 565).
[19] Wyand, M, S. The use of SIV-infected rhesus monkeys for the preclinical evaluation of AIDS drugs and vaccines. AIDS Res Hum Retroviruses. 1992 Mar;8(3):349-56. http://online.liebertpub.com/doi/pdfplus/10.1089/aid.1992.8.349
[20] Arora, T. et al. Substitute of Animals in Drug Research: An Approach Towards Fulfillment of 4R’s. Indian J Pharm Sci. 2011 Jan-Feb; 73(1): 1–6. doi: 10.4103/0250-474X.89750. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3224398/
[21] Barh, D. et al. OMICS: Biomedical Perspectives and Applications. CRC Press, 21 nov 2011. (pag. 504)
[22] Greek, R. & Pound, P. Animal studies and HIV research. BMJ. 2002 Jan 26;324(7331):236-7. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11809655
[23] Haigwood, N, L. Predictive value of primate models for AIDS. AIDS Rev. 2004 Oct-Dec;6(4):187-98. https://www.researchgate.net/publication/8031390_Predictive_value_of_primate_models_for_AIDS
[24] Chauhan, A, K. A Textbook of Molecular Biotechnology. I. K. International Pvt Ltd, 01 gen 2009 (pag. 874).
[25] Bailey, J. An assessment of the role of chimpanzees in AIDS vaccine research. Altern Lab Anim. 2008 Sep;36(4):381-428. http://www.releasechimps.org/docs/Chimps_AIDS_research_J._Bailey.pdf
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