di Cinzia Marchegiani
Due anni dal terremoto che ha spezzato vite e sospeso nel limbo i sopravvissuti. Rabbia e dolore dei cittadini che si sentono abbandonati dallo Stato. Oggi però almeno è stata bandita l’ipocrisia almeno per una volta. La memoria storica sembra qualcosa di cui vergognarsi. Molti politici forse lo stanno facendo e per questo hanno snobbato le vittime del centro Italia che hanno subito una ferita che ancora non è guarita.
Il 24 agosto 2016 alle 3.36 un terremoto di magnitudo 6.0 colpisce il Centro Italia, interessando i territori di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Sono migliaia le persone coinvolte nell’evento che provoca 299 vittime, numerosi feriti e gravi danni sul territorio.
Per questo oggi la politica doveva dare un segnale coeso che non c’è stato e troppi silenzi parlano più di qualsiasi comunicato stampa pubblicato. La passerella è stata altrove, leggo molti commenti di giustificazione: “Che ci dovevano andare a fare? A prendere altri fischi come a Genova?”
La politica è responsabilità, chi sbaglia deve sentire sulle proprie gambe il senso di quell’errore, non si può fuggire, è indegno!
Il terremoto riempie di macere città, case e sembra anche molti cuori.
Il Dipartimento della Protezione Civile annota altri dati importanti:
“Il 26 e il 30 ottobre 2016 nuovi violenti terremoti interessarono il Centro Italia, in particolare il confine tra Umbria e Marche. La scossa del 30 ottobre – di magnitudo 6.5 – è la più forte in Italia degli ultimi trent’anni: il numero delle persone fuori casa – così come i danni – cresce esponenzialmente, ma non si registrano vittime.”
Il Dipartimento della Protezione Civile ricorda cosa hanno affrontato queste comunità, il terremoto del 24 agosto anticipava altri eventi e ostacoli più pesanti da affrontare, e ora sembra la trama di un dramma che ancora non trova epilogo:
“Nella seconda metà di gennaio 2017, mentre proseguono le attività legate all’emergenza terremoto, il Sistema di protezione civile si trova a fronteggiare un’eccezionale ondata di maltempo, che colpisce pesantemente Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Numerosi e complessi gli interventi: dal recupero e soccorso delle persone che si trovavano in frazioni isolate, al ripristino della viabilità, delle infrastrutture e dei servizi essenziali gravemente compromessi dalle forti nevicate.
Il Sistema è già duramente messo alla prova quando, il 18 gennaio 2017, quattro scosse di magnitudo superiore a 5.0 colpiscono nuovamente le zone del centro Italia, in particolare le Regioni Lazio e Abruzzo. Poche ore dopo le scosse una slavina travolge e distrugge l’Hotel Rigopiano, situato alle pendici del Gran Sasso, in provincia di Pescara. Le operazioni di ricerca e soccorso durano ininterrottamente otto giorni e otto notti, e consentono di mettere in salvo undici persone. Gli eventi di gennaio causano purtroppo 34 vittime, di cui 29 a Rigopiano.
Il 7 aprile 2017 la Dicomac termina le proprie attività. A più di sette mesi dal terremoto del 24 agosto 2016, viene rimodulata l’articolazione operativa della struttura che ha assicurato il coordinamento e la gestione unitaria dell’emergenza, consolidando il sistema di governance dell’emergenza in capo a Regioni e Comuni. La rimodulazione prevede, in ogni caso, che il Dipartimento della Protezione Civile prosegua nel coordinamento di alcune delle attività in corso attraverso una apposita Struttura di missione.
Tra le attività coordinate dal Dipartimento, il completamento delle verifiche di agibilità, il monitoraggio per la realizzazione delle strutture abitative d’emergenza (SAE) e degli interventi per il ripristino e la messa in sicurezza della rete stradale, l’impiego del volontariato di protezione civile, oltre alla gestione delle risorse finanziarie.
Lo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri il 25 agosto 2016 – in seguito esteso a causa degli eventi successivi – è scaduto il 28 febbraio 2018, come stabilito dalla legge n.123/2017″.
Ecco allora forse è meglio così…silenzio almeno in centro Italia. Niente passerelle e ipocrisia.
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